In sostanza la prosecuzione di "Pop-up" (stesso produttore) con la portata alle estreme conseguenze del discorso elettronico, eliminando del tutto le chitarre acustiche ed elettriche. Da un punto di vista testuale l'amore come sempre, ma anche il tema del pop e della gioventù.

Anticipato dal singolo "Una grande festa" è uscito l'8 giugno "Sputnik" il dodicesimo album di inediti di Luca Carboni. Nove canzoni tutte elettroniche come detto per un viaggio spaziale. Si comincia con "Una grande festa" che sia come musica che come estetica del video richiama "Luca lo stesso" dell'album uscito due anni e otto mesi prima. Si prosegue con "2" (dopo Raf, un altro artista chiama una canzone con questo titolo), e con "Amore digitale", la prima canzone forte del disco, dopo quella di apertura. Parlando sempre di amore e web con in "Luca lo stesso", Carboni parla di un amore digitale che può andare più veloce collegato alla wi-fi col cuore. "Io non voglio" è stata scritta con Calcutta, che inizialmente gliel'ha proposta con chitarra in una versione molto acustica, mentre "Ogni cosa che tu guardi è un altro ritornello forte del disco. Il lato a finisce se ragioniamo in vinile, con un bilancio tutto sommato positivo, con un'alternanza di canzoni più riuscite e altre meno. Il lato b, sempre da vinile, si apre con "I film d'amore", forse la più riuscita del disco, con un ritornello prepotente che invoca AlexanderPlatz, già citata dal cantautore di una canzone del 2011. La canzone qui fa sentire tutto il sound targato ancora una volta Michele Iorfida, e fa pensare un po' a "Dieci minuti" dell'album precedente. Vengono poi "L'alba", altra canzone abbastanza riuscita, e "Prima di partire", prima della traccia finale, "Sputnik", rarefatta, sospesa e senza ritmica, come diversa era pure l'ultima traccia di "Pop-up", "Invincibili". Un brano "spaziale" che è l'unico scritto interamente da Luca Carboni e che alza il livello di un disco che comunque, a parere di chi scrive, ha qualcosa in meno del precedente. La sbornia elettronica forse ha penalizzato il lavoro e il sovraffollamento di autori (il già citato Calcutta, poi Alessandro Raina, Dario Faini e Christian Rigano per le musiche, solo per citare i più presenti) rendo il disco un po' scostante.

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