Penso di avere scritto io su queste pagine della versione cinematografica del best-seller “Er ist wieder da” (Timur Vermes, 2015) e di conseguenza tanto vale spendere due parole sul “remake” tutto italiano intitolato “Sono tornato” e appena uscito nelle sale cinematografiche. Diretto da Luca Miniero e scritto da Miniero con Nicola Guaglianone, la storia vede come protagonista invece che Adolf Hitler, il “ritorno” di Benito Mussolini (interpretato daì Massimo Popolizio), che dal nulla si materializza nella capitale davanti alla porta alchemica nell’anno 2017. Creduto da tutti una specie di comico, dopo avere girato il paese desideroso di conoscere la nuova realtà che ha di fronte, Benito Mussolini diventa una star televisiva e del web: le sue invettive, i suoi discorsi, le sue idee espresse nella stessa maniera che gli anni del ventennio e fedeli alla sua visione politica (diciamo così) fanno facilmente presa sulla popolazione italiana che assiste divertita ma allo stesso tempo anche affascinata da questo uomo forte e lontano dalla classe politica cui sono abituati e che come sempre viene rappresentata come incapace e priva di idee, contenuti e ideali e interessata solo a badare ai propri interessi.

La storia è quindi praticamente più o meno la stessa del best-seller di Timur Vermes e riproduce più o meno fedelmente molte delle scene del film diD David Wnendt, anche se nel complesso la qualità anche a livello di produzione è sicuramente più scadente e allo stesso tempo priva di quei connotati ideologici che in un paese come la Germania dove il nazismo costituisce chiaramente un tabù, sono affrontati con dei toni più netti e argomentazioni politiche, storiche e sociali che considererei, comunque all'interno dei toni grotteschi complessivi dell'opera, sicuramente più brillanti e interessanti. Al contrario, quella che sembrerebbe proporre questo nuovo “Mussolini” appare più come una classica lotta contro la “casta” ma anche contro un certo qualunquismo diffuso, di cui tuttavia poi allo stesso tempo egli si giova usandolo per il proprio tornaconto e la sua scalata verso il successo e la popolarità, come del resto già accaduto e in una riproposizione della storia passata del nostro paese.

Da questo punto di vista allora si resta in bilico nel giudicare più o meno negativamente questo film. Che non ci troviamo davanti a un capolavoro è evidente, ma lascerei perdere le solite critiche e la antipatia inevitabile per Frank Matano, che qui riesce persino a essere sopportabile: in fondo il film è come dire, simpatico e divertente e con la giusta dose di satira, che qui prevale però sul contenuto grottesco dell’opera principale. Per il resto la mancanza di approfondimento di argomentazioni di spiccato carattere politico e sociale costituiscono evidentemente uno specchio di questo paese (ma qualcuno potrebbe pure considerare che in fondo non è che Mussolini avesse molto da dire sul piano strettamente politico) e che forse involontariamente viene proposto dal regista e gli autori del film proprio a due settimane dalle elezioni politiche meno interessanti della storia di questo paese, mettendo in scena una specie di farsa con questo burattino del più famoso pelatone nazionale (quello che De Gregori definì poeticamente "la mascella") e cui manca solo la comparsa del deus ex machina Pulcinella che armato di bastone, gli dia meritatamente legnate di santa ragione.

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