Luciano Bianchi è il narratore, protagonista e alter ego dell’autore di questa Integrazione a Milano, città in cui alla fine degli anni cinquanta si è trasferito insieme a Marcello, fratello del protagonista e secondo alter ego dell’autore.

La descrizione della città si sviluppa in opposizione alla loro città d’origine, in un’antitesi che divide in due il primo capitolo: da una parte Grosseto, la cittadina dell’infanzia e dell’adolescenza nella Maremma toscana, è una città che si espande nel contado, ma non dimentica la sera del dì di festa: la diversa fauna occupa le strade e i cantucci intenta a parlare e a osservare, a correre e a passeggiare, a discutere e ad amoreggiare. Così, di Milano, ai nuovi arrivati, inevitabilmente saltano agli occhi, le strade, finite in mano ai veicoli guidati da anonimi automobilisti, e il modo di procedere dei suoi abitanti, trasformatosi in una marcia silenziosa.

Le giornate dei milanesi sono attive:tanta gente che corre, che si dibatte, che si ignora, che deve arrivare: un posto duro, cattivo, teso, assillato. Nell’ufficio, si lavora alla “grossa iniziativa” editoriale: un’opera di importanza fondamentale per lo sviluppo culturale del paese, per la quale si cerca di darsi un’organizzazione; iniziativa su cui, però, tutti hanno idee diverse.

Così, ben presto, si capisce che di questa impresa non si capisce nulla. Il tutto è avvolto da una strana nebbia attorno alla quale le sei persone interessate diventano dieci, il capo non dirige, le decisioni vengono prese altrove (dove non si sa) e gli uomini vengono licenziati o ricollocati a settembre. Quando Marcello si integra Luciano vive la sua fuga d’amore, quando si integra Luciano è il fratello a sparire.

Per un anno la casa editrice sembra una gabbia di matti, che ogni giorno hanno una nuova idea e poi non ne portano mai a termine una. Per un altro anno, in attesa della grande impresa, si iniziano a tradurre romanzi stranieri, sminuiti a parole ma alla fine più efficaci degli altri. Infine, inizia il terzo anno, con gli ennesimi avvicendamenti, cambi di programma, con i sempre nuovi entusiasmi e le conseguenti delusioni.

Come quelli di un tenente Drogo più divertente e più divertito, così gli anni di Luciano nell’avamposto milanese si sovrappongono l’uno su l’altro inesorabilmente. Ed è inevitabile la sconfitta: passano altri due anni per conoscere in cosa realmente consiste la reale integrazione di Luciano a cui si oppone ancora antiteticamente l'isolamento di Marcello, il quale continua ad esistere per il mondo solamente con nomi diversi dal suo.

Oggetto centrale del libro è la Milano della nascente industria culturale. Bianciardi, che nella sua parabola biografica è passato dal ruolo di dipendente della nascente Feltrinelli al ruolo di traduttore a cottimo, nell’Integrazione smaschera quest'industria e ne mette a nudo la sua duplice natura. Industria culturale vuol dire collane editoriali, traduzioni e giornali, ma soprattutto uffici studi per marketing, vita aziendale moderna, tecniche di direzione aziendale, agenzie pubblicitarie…

L’ironia tagliente con cui viene raccontato questo microcosmo, è fatta anche dalle parole ripetute ossessivamente e vanamente dagli uomini che la popolano: “i rapporti di forza”, “la narrativa latino-americana”, “i pericolosi intellettuali romani”, “la condizione femminile”, “il proletariato" sono qui soffi di voce di fronte all’azione della macchina che tutto travolge. Un libro che si legge (anche adesso) in una serata, ma che rimane in testa per una vita.

Carico i commenti...  con calma