Il buon vecchio Lambrusco! Non lo ascoltavo da anni. E pensare che quando facevo le medie avevo consumato quella cassetta. . .

Dirò subito che la musica “ ruspante” del Liga prima maniera mi ha comunque emozionato di più di quella “ patinata” attuale. Certo, riascoltare quelle canzoni oggi me le fa giudicare con un occhio diverso, suscitando delle critiche che da ragazzino non avrei mosso. Rimane, però, quell'energia che si sprigiona in modo quasi “ ingenuo” da queste canzoni e che risulta più coinvolgente di molte, artefatte produzioni attuali.

Il benvenuto è affidato all'anthem Salviamoci la pelle, che propone subito lo schema cui saranno ancorati tutti i pezzi “ veloci” dell'album: siamo in puro rock duro all'americana, ammantato di sonorità ed arrangiamento (ahimé!) da pop-rock anni '80, con la classica struttura riff – due strofe e ritornelli – ripresa finale. Questo brano introduce un tema che ricorrerà spesso in questo disco: la fuga da una realtà provinciale, insoddisfacente, come unica strada per vivere la propria vita (echi di “ Thunder Road” e “ Born to Run” ? ).

Il lato A del disco proseguiva con Lambrusco e popcorn: la fuga, stavolta, è quella degli emigranti che dall'Italia hanno cercato miglior fortuna nel Nuovo Mondo. Stilisticamente, questo brano è meno duro del precedente e vira decisamente verso il pop-rock (=pop travestito da rock mediante arrangiamento “ pesante” ). Camera con vista sul deserto è il primo lento del disco: una bella chitarra slide ed il cantato intenso del Liga rendono bene l'atmosfera “ desertica” , da miraggi (se non fosse per quell'armonica spaghetti western. . . ). Seguono due pezzi svelti, Anime in plexiglass e Con queste facce qui: stilisticamente simili, gli arrangiamenti ammiccano pericolosamente al rock ballabile anni Ottanta. La prima canzone descrive un'ambientazione futuristica alla Blade Runner (in salsa casareccio-emiliana. . . ); la seconda riprende il tema caro al Liga di come noi siamo diversi da voi (tema che ormai è reiterato fino alla noia in quasi tutte le canzoni recenti). Il lato A si chiude con Sarà un bel souvenir, classica canzone mid-tempo del Liga che riprende tutti gli stilemi delle ballad hard-rock.

Il lato B contiene le due canzoni (giustamente) più famose del disco: Libera nos a malo (preceduta dalla bella Intro di un coro alpino) ed Urlando contro il cielo. Sono entrambi pezzi duri “ secondo il Liga” : nel primo, il tema è la ribellione contro dei precetti religiosi; nell'altro ritorna l'idea della fuga, contro tutto e tutti. Urlando contro il cielo è probabilmente l'anthem italiano più riuscito degli anni '90: ha un ritmo incalzante ed un ritornello “ urlato” che sembrano (sono?) fatti apposta per far cantare e saltare interi stadi. Intermezzo tra queste due canzoni è la trascurabile Ti chiamerò Sam che, secondo me, è il punto più basso del disco: cantato dall'Orchestra Casadei, sarebbe un walzerino perfetto per la sagra della piadina. . . Infine, l'album si chiude con il lento Regalami il tuo sogno, pezzo (poco incisivo) con qualche debito verso gli U2 di “ Rattle and Hum” .

A conclusione del riascolto, posso dire che non è un album da buttare via. Pur nella loro semplicità (che non è sempre banalità), almeno quattro canzoni meritano un buon giudizio: Salviamoci la pelle, Camera con vista sul deserto, Libera nos a malo ed Urlando contro il cielo. Per il resto, ci sono un paio di riempitivi ed altre canzoni “ da fan del Liga” , che ad un non-fan difficilmente interessano. Gli arrangiamenti sono spesso essenziali, mentre un valore aggiunto è dato a tutti i pezzi dalla voce del Liga: tecnicamente non eccelsa, ma molto intensa ed espressiva.

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