Chi si interessa di cinema sa di cosa parlo. Prestate attenzione: il 1998 "Shakespeare In Love" trionfò alla serata degli Oscar (vinse 7 statuette, troppe!), mentre piccoli film come "Dr. Akagi" di Shohei Imamura o "Racconto d'autunno" di Eric Rohmer veleggiano nelle zone basse delle tabelle d'incasso. A trionfare sono i soliti mastodontici kolossal hollywoodiani, "Armageddon", "Salvate il soldato Ryan" e chi più ne ha più ne metta. Il cinema italiano vive un periodo di stasi: registi discutibili, ma comunque talentuosi, come Mario Martone e Roberta Torre vedono i loro film sprofondare in pieno agosto nelle sale deserte dei multiplex di Pioltello e Tor Vergata, gente di poco talento come Leonardo Pieraccioni, ad esempio, si gode un successo tanto stratosferico quanto ingiustificato con pellicole del tutto trascurabili come "Fuochi d'artificio".

Guardando bene, però, si nota al 24esimo posto nella tabella d'incasso dei cinema italiani anno 1998 un titolo che un pò potrebbe farci sorridere: "Radiofreccia". "Radiofreccia" è un discreto film nostalgico-drammatico diretto da Luciano Ligabue. Il film è, curiosamente, una fetecchia se confrontato con Eric Rohmer, ma sembra assumere statura bergmaniana se confrontato con "Fuochi d'artificio". "Radiofreccia" non è un capolavoro, sia chiaro, è un onesto film strappalacrime (droga, sesso, morti suicidi, overdose, amori mai corrisposti) che Ligabue diresse per omaggiare in primis il suo paese Correggio, in secundis per ripercorrere (e far scoprire alle nuove generazioni) il percorso di formazione delle radio libere di metà anni Settanta. Due ore tutto sommato scorrevoli: colonna sonora molto bella, Stefano Accorsi nel suo ruolo più riuscito, battute su Elvis e James Bond e la comparsata goffa e autocelebrativa di Francesco Guccini nel ruolo di un burbero barista. La critica compatta grida al miracolo. Non esageriamo! Ma, finchè Ligabue si fosse limitato a dirigere il film non ci sarebbe stato nulla da obiettare (è un suo diritto, d'altronde se hanno tentato la strada cinematografica pure Grignani e Nek non c'è nulla di male se prova a battere nuove strade Ligabue).

Il problema è un altro: il Lucianone Nazionale, decide che è arrivato finalmente il momento di autocelebrarsi e, di conseguenza, autocompiacersi. "Sono un monumento" pensa Ligabue, ma qualcuno dovrebbe dirgli che i monumenti sono altri (vedi alla voce Dylan Bob, ad esempio) e, poco dopo l'uscita nelle sale di "Radiofreccia", fa uscire nei negozi e nei megastore un doppio album, dal titolo originalissimo "Radiofreccia", in cui tenta la strada del cantautorialismo filosofeggiante e del ricordo cavalcato a dovere.

Il primo CD è, in pratica, la colonna sonora del film, con due inediti: la funesta "Ho perso le parole" (roba che il "De Prufundis" suona più allegro e ritmato) e "Metti in circolo il tuo amore", chiarissimo brano d'ispirazione deandreiana ("E ti trovi ad una festa però non hai l'invito, per cui gli inviti adesso falli tu. . . "), ma, purtroppo per noi, Ligabue non è De Andrè, ne mai lo sarà. Il secondo CD è la cosa migliore di tutte, e guarda a caso è il CD in cui Ligabue non canta (segno evidente di come il Lucianone Nazionale abbia perso la trebisonda musicale da qualche anno a questa parte). Si tratta di un 'the best of' di tutta la musica europea e americana di metà anni Settanta, giusto per stare in tema con l'argomento del film. Le scelte sono opinabili e quasi sempre discutibili: se si vogliono ripercorrere le tappe fondamentali della musica rock targata anni Settanta, non si vede perchè si debbano inserire brani di Al Stewart o degli Earth Wind & Fire. Non perchè non siano stati bravi, tutt'altro, ma perchè ci sarebbero stati almeno altri cento gruppi o cantautori più validi e storici di questi (qualche nome? I Neu, Cat Stevens, i Fairport Convention, le New York Dolls, i Police, e veramente volete farci credere che non c'era nemmeno un posticino per "Imagine"?, suvvia!).

Non tutto però è da buttare: buone le scelte di "Rebel rebel" di David Bowie, le riesumazioni di vecchi colossi un pò dimenticati, vedi ad esempio Warren Zevon o i Little Feat, e giusto spazio ai classiconi senza tempo, "Run Throught The Jungle" dei Creedence Clearwater Revival, "Vicious" di Lou Reed e l'immancabile "Long Train Running" dei Doobie Brothers. Interessanti anche i recuperi dei Lynryd Skynyrd e del glam-rock dei Roxy Music (sicuramente un tassello importante nella storia della musica rock anni Settanta), ma certo, di gente come Iggy Pop si poteva francamente scegliere un brano meno blando di "The Passenger", che certo non figura fra le sue cose migliori. Stupisce invece, la totale assenza dei Rolling Stones: in fondo, brani come "Brown Sugar", "Wild Horses" o "Miss You" sono state pedine essenziali nel delicato mosaico del rock di quel periodo. E gli italiani? Ovvia la sola presenza di Francesco Guccini (la comparsata nel film è stata ripagata a dovere!), ma "Incontro", la canzone scelta da Ligabue, per quanto bella non è sintomatica del periodo di metà anni Settanta: forse "L'avvelenata" sarebbe stata coerentemente più appropiata. Di De Andrè, Battisti, Gaber, De Gregori, nemmeno l'ombra e nemmeno il sentore.

"Radiofreccia" (il film intendo) vincerà diversi premi, e porterà Ligabue ad essere considerato, autore, cantautore, musicista, regista e sceneggiatore. Non so quale di queste professioni gli sia riuscita meglio, ma evidentemente il conto in banca dev'essere aumentato parecchio. Di sicuro, non è un selezionatore: e questo doppio album autocompiaciuto e autoreferenziale ne è l'esempio migliore.

Elenco tracce testi e video

01   Radiofreccia (03:31)

02   Ho perso le parole (04:28)

03   Boris (01:13)

04   Welcome Home, Freccia (01:36)

05   Bordocampo (01:09)

06   Freccia (01:07)

07   Metti in circolo il tuo amore (03:44)

08   Da Marzia (01:54)

09   Bruno (00:19)

10   Prima pagina del libro d'oro (03:38)

11   Mezzanotte di fuoco (00:50)

12   Boris segna il territorio (00:52)

13   Pesce-siluro (01:02)

14   Siamo in onda (03:18)

Se ne frega di serrande
di finestre sempre chiuse
di sistemi troppo grandi
di destini già decisi
e finisce sotto letti
dove si balla da un po'.
Sembra quello che non vince
il suo istinto di guardone
ha la faccia come il culo
di chi si fa perdonare
sembra il suono di una voce
che parte proprio da te.

Siamo in onda di qualchecosa
tieni l'onda, tienila accesa
prendi l'onda
finché ti passa di lì
finché ti passa di lì.

E' leggero come l'aria
anzi forse più leggero
e finisce in qualche stereo
che qualcuno ha "preso in nero"
e finisce nella vita
di chi dice "e io che ne so?".

Siamo in onda di qualchecosa
tieni l'onda, tienila accesa
prendi l'onda
finché ti passa di lì
finché ti passa di lì.

15   Bonanza (00:32)

16   Can't Help Falling in Love (03:05)

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Altre recensioni

Di  dark schneider

 La vita non è perfetta, le vite nei film sono perfette, belle o brutte, ma perfette...

 Credo che non sia tutto qua però prima di credere in qualcos'altro bisogna fare i conti con quello che c'è qua.