La prima volta che ascoltai la canzone “Una donna per amico” ero in una precoce serata (12 anni) di discoteca in compagnia dei fratelli più grandi, conoscevo già abbondantemente Battisti per via degli ascolti casalinghi (sempre i fratelli di mezzo), e ricordo che rimasi abbastanza stupito dall’ascoltare “quella” voce in mezzo agli Abba, ai Bee Gees e ai Rockets che andavano in quei tempi. Quando, qualche mese più avanti, cominciai a sviluppare un mio gusto musicale, non potei fare a meno di constatare come Lucio Battisti fosse un genio della musica, la cui unica sfiga, se così si può chiamare, fosse essere nato a Poggio Bustone in provincia di Rieti anziché a Londra o a New York. Sono infatti sicuro che se Lucio fosse stato inglese o americano la sua notorietà sarebbe stata di livello mondiale.

Questo album rappresenta secondo me Lucio Battisti in uno dei suoi momenti musicalmente più alti, con alcuni punti di assoluta eccellenza. L’assolo di sax presente nell’iniziale “Prendila così” è ancora adesso da brividi e tutta la canzone è assolutamente eccellente. Anche “Donna selvaggia donna” e “Aver paura d’innamorarsi troppo” sono due brani di atmosfera con arrangiamenti pressoché perfetti, mentre “Perché no” (a mio giudizio la canzone dell’album con il testo migliore) è un valzer che racconta la vita quotidiana di una coppia ordinaria del 1978 e magari anche dei nostri giorni.
Qualcuno ritiene “Nessun dolore” un debole rockettino, non sono assolutamente d’accordo, è il pezzo dell’album che preferisco, è un signor rock che Lucio guarnisce con una magistrale interpretazione vocale, e dove è presente un superbo giro di basso. Poi c’è una serie di rumori casalinghi, tra cui piatti e bicchieri (evidentemente a tavola), una voce di donna (la moglie Grazia Letizia?), una vocina di bimbo (suo figlio Luca?), ed eccoci alla title-track, “Una donna per amico”, e qui si sente indubbiamente che il produttore Geoff Westley aveva in precedenza lavorato con i Bee Gees e con i più grossi nomi della disco music.
Il divertissement dell’album, peraltro molto gradevole e spiritoso, che inizia con una buona risata, è “Maledetto gatto”, mentre il finale è affidato ad un pezzo che a me francamente dice poco, in effetti ritengo “Al cinema” l’unica canzone debole di questo bel disco.

Una piccola pecca di questo album sono i testi, che secondo me generalmente qui sono piuttosto banali (tra l’altro io non ho mai particolarmente amato i testi di Mogol, che ritengo in alcuni casi un po’ facilone, ma de gustibus…).
Dopo questo album, che resterà per mesi in cima alla classifica italiana dei più venduti, seguiranno anni piuttosto complicati per Lucio, il banalissimo “Una giornata uggiosa”, il per certi versi interessante “E già”, prima di conoscere Pasquale Panella di cui apprezzo particolarmente “Don Giovanni”.

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