Nel 1997 accade qualcosa di nuovo nel mondo della musica. Siamo in Giappone, più precisamente a Tokyo, e quattro talentuosi musicisti cercano di dare alla luce una nuova incarnazione del jazz-prog che nacque in quel di Canterbury circa trent'anni prima. Il batterista Sudoh Toshiaki, il sassofonista Mahi-Mahi, il bassista Suzuki Hiroyuki e il tastierista Iwata Noriya formano così i Machine and the Synergetic Nuts e danno vita ad uno stile musicale senza precedenti diretti. Sì perché nonostante le influenze dei Nucleus, dei National Health, dei Soft Machine o dei connazionali Kenso si avvertano chiaramente, il gruppo propone una musica nuova, energica, frizzante ed originale all'inverosimile, rendendo così ogni tentativo di ridimensionare la loro proposta al rango di "derivativa" perlomeno fuori luogo.

Nel 2003 esce il primo album omonimo ed il livello è già altissimo, ma, nonostante la freschezza delle idee e l'affiatamento dei componenti della band, sarà solo due anni dopo che giungeranno al vero capolavoro, con "Leap Second Neutral". In questa seconda uscita discografica entrano infatti come guests Matsue Jun alla chitarra e Takahashi Yuko alle percussioni, rendendo così il suono più vario e definito rispetto al precedente lavoro.

Il disco si apre e, sin dalle prime note, si evince subito quanto la tecnica straordinaria dei musicisti non sia fine a sé stessa e non mortifichi affatto né il feeling assoluto che scorre tra loro né tantomeno la comprensibilità e l'armonia dei pezzi. Toshiaki mostra già nelle prime tracce (M-B, Monaco) il suo estro micidiale che, in precisione, potenza e creatività, ricorda da vicino il Furio Chirico di Tilt o Giro di Valzer per Domani, mentre Mahi-Mahi regala dei riff di sax da togliere il fiato, come nella pianistica ed evocativa "Trout" o nella più ritmata "Neutral", dove duetta costantemente con il fenomenale basso di Hiroyuki, perlomeno finché non entra Jun a testa bassa e chitarra alla mano a rubare la scena a tutti. Noriya trova la sua dimensione ideale nelle tastieristiche "Stum" e "Oz", mentre Yuko attua un certosino lavoro di rifinitura un po' ovunque, anche se è in "Texas" che le sue percussioni spiccano maggiormente sul reparto ritmico del gruppo. Le lunghe e complesse "Solid Box" e "Normal" confermano ancora una volta l'esatto connubio che circola tra energia e raffinatezza nelle composizioni, che arrivano infine a chiudere questo gioiello giunto a noi da una terra lontana, dove le magie di anni ormai passati e distanti, si sono perpetuate fino a rifiorire sotto un aspetto nuovo e ricco di sorprese.

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