Di norma basta una sola recensione (magari dell'album più rappresentativo) per suggerire l'ascolto di un gruppo che magari non gode di grande visibilità, poiché anche scrivendo cento articoli diversi, difficilmente gli scettici o i non interessati si avvicinerebbero ai lavori proposti,  quindi molto probabilmente da quel punto di vista questo sarà uno scritto inutile. Fatto sta che i Machine and the Synergetic Nuts sono una delle band più geniali dei nostri giorni e il mio descrivere la loro prima fatica discografica non vuole essere altro che un omaggio ai quattro ragazzi di Tokyo che hanno saputo creare una miscela così esplosiva ed originale di jazz-rock e progressive made in Canterbury da godere della mia (e certamente non solo mia) perpetua ammirazione.

Come abbiamo già detto in passato, il gruppo si forma nel 1997 e sei anni dopo dà alla luce questo primo lavoro omonimo, purtroppo distribuito inizialmente soltanto in Giappone, perciò dannatamente difficile da trovare e ascoltare dalle nostre parti. La formazione vede l'insuperabile Masahide Hasegawa (Mahi-Mahi per gli amici) al sassofono, Noriya Iwata alle tastiere, Hiroyuki Suzuki al basso e Toshiaki Sudoh alla batteria e alle percussioni. Il suono di quest'album risulta pertanto essere meno rifinito del suo successore (il quale vanta anche la presenza di un chitarrista ed un percussionista di ruolo), ma non per questo il disco in esame va reputato inferiore, poiché ci troviamo dinnanzi ad una prova eccelsa, sia dal punto di vista tecnico che compositivo, con pezzi articolati ed imprevedibili, sempre carichi di una freschezza e un'accessibilità comuni davvero a pochissimi.

L'armonia che scorre tra i musicisti è a dir poco perfetta e composizioni piuttosto lunghe come "Time" o "Swang", che permettono agli strumenti di intrecciarsi senza sosta fra loro in mezzo a repentini cambi di tempo e d'atmosfera, sono lì appunto per dimostrarlo. Il bilanciamento dei vari suoni è assoluto, anche se i riff di sax di Mahi-Mahi riescono spesso e volentieri a catturare più facilmente l'attenzione, sia che risultino vivaci e ritmati (Metropolican) sia che si dimostrino maggiormente decisi ed incisivi (Peak). Le tastiere di Noriya, oltre a supportare il sassofono, sono solite lanciarsi in fughe soliste, a volte rimanendo al servizio della componente fiatistica (Tensegrity), altre invece lasciandosi completamente andare in esecuzioni bizzarre ma sorprendenti (Or Lots of Squares). La sezione ritmica vede il sinuoso basso di Hiroyuki tessere ovunque un fitto reticolato di note, non sempre disposte a rimanere all'ombra degli elementi solisti, come nel caso di "Berlin", dove il sax e la tastiera sono letteralmente inseguiti dal cupo suono dello strumento a corde, agile e determinato nel mettersi in mostra. Lo stesso discorso vale per l'energica e agguerrita batteria di Toshiaki, in grande spolvero durante episodi particolarmente aggressivi e movimentati, nonché costellati di inesplicabili e costanti cambi di ritmo, come "Gate of Difference" e "A Couple of Kettles".

Oggi, a tre anni dall'uscita di "Leap Second Neutral", non posso fare altro che augurarmi di veder apparire al più presto tra gli scaffali dei negozi (quelli virtuali perlomeno) un terzo disco targato Machine and the Synergetic Nuts, poiché dopo due capolavori di questo calibro voglio credere con tutto me stesso che non possa esserci due senza tre...

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