Ahhh, che bellezza e che godimento ascoltarsi ogni tanto dischi come questo "Dreamland" di Madeleine Peyroux del lontano 1996.

Un disco profondamente blues ma con venature jazz e pop, cantato in maniera vellutata e incredibilmente sexy da questa Madeleine Peyroux, da molti definita "l'erede vivente di Billie Holiday" per timbro, pastosità e qualità d'interpretazione. Un disco del 1996 dicevamo, ma che sembra appartenere a una 50ina d'anni prima se non fosse la cura dei suoni e delle registrazioni a tradirne l'origine.

Madeleine passò la giovinezza in Georgia cantando nei vari pub fumosi e alcolizzati della città, ed è in uno di questi che, narra leggenda, verrà ingaggiata da Yves Beauvais, talent scout della Atlantic Records di passaggio proprio in quel locale. Il talentuoso Yves co-produrrà così questo splendido gioiellino di jazz e soft-blus (!?) impreziosito dagli interventi di Marc Ribot (alle chitarre e dobro) e Greg Cohen (al basso) collaboratori storici del più famoso Tom Waits. E la mente ci riporta appunto al primo periodo 'crooner' della carriera del cantante californiano quando cantava blues malinconici e disperati nei locali più malfamati della provincia americana.

Ci si lascia trasportare così, senza remore, da queste 12 canzoni interpretate in maniera oserei dire 'classica' ma ricca di pathos a rinverdire sonorità anni 40/50 con una classe interpretativa e un timbro vocale che tutt'oggi ha pochissimi eguali in Europa.
Un esordio 'timido' ed eseguito senza strafare che diventa al tempo stesso limite e pregio dello stesso, alternando materiale inedito a standards classici del genere (su tutti spicca il blues indolente e scanzonato di 'Walhing after midnight', la leggendaria 'la vie en rose' con accompagnamento di violino, accordion e chitarra o la strepitosa 'reckless blues' di Bestie Smith con il solo piano ad accompagnare la splendida voce di Madeleine che poco ha da far rimpiangere l'originale).

Un disco ascoltato almeno una 15ina di volte viaggiando in auto per le strade della Grecia (evento assai raro per le mie orecchie onnivore e mai contente) e che non mi ha ancora stancato. Un disco terribilmente 'non attuale', 'non commerciale', 'non legato a mode, attualità o classifiche di sorta'  un disco affascinante come pochi e 'piacevolmente leggero' che impieghererà 8 lunghissimi anni prima di 'mollare il testimone' al successivo "Careless Love" dell'anno scorso, altrettanto bello e già recensito qui.

Un disco consigliato anche per questa sensazione di 'atemporalità' che lo fa entrare di diritto nei miei 'evergreen' di sempre.

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