Una luce nella notte. Breve giallo surreale.

Che "Tom Greasy Thumb" ed io non eravamo fatti l'uno per l'altro, lo capii fin dal momento che lo conobbi. Di lui non mi piaceva il suo modo di fare, di lui, non mi piaceva niente. E poi, era un negro. Non mi piaceva neanche Lory, quella con la cicatrice sulla spalla. Non parlava molto, ma guardava... mi guardava. Chissà perché, ma avevo sempre l'impressione che pensasse: "che razza di mentecatto". A me piaceva Betsy, Betsy dal corpo minuto e ben proporzionato, Betsy senza arte né parte. L'altra notte, ciondolavamo per i vicoli di Riverside con Tom e la grassa Lory. La donna mi prese di mano la bottiglia, per farsi le ultime due dita, mentre si sedeva vicino al grosso negro che si era accovacciato sul bordo del marciapiede. Betsy disse: "Ho paura!". La strinsi tra le braccia e col naso le sfiorai le labbra. "Perché hai paura, cocca?", "Tom mi mette i brividi", fu la risposta. "Tom è un attore che recita un ruolo non suo, fiore mio, è un morto che cammina, non devi aver paura", replicai cercando di tranquillizzarla. I suoi occhioni si rasserenarono.

Eravamo vicinissimi e non mi faceva l'effetto di un santino da guardare di tanto in tanto. Anche il suo corpo non mi suggeriva pensieri casti, era asciutto, flessuoso, caldo, carne che mi inebriava più di tutto l'alcool che avevamo ingollato. Un brivido la percorse, ci adagiammo sul cofano di una Rambler e facemmo l’amore. "Non senti anche tu questa musica?", disse. "Esce da ogni porta, da ogni fessura". Alzai lo sguardo e vidi una luce che illuminava il vicolo. La musica si fece più vivace, divenne frenetica, una ballata tzigana. Zingari uscirono dall'ombra, suonando e ballando, dando forma ai loro profili in quella magica luce. Non sentivamo più il fetore della spazzatura e della sporcizia sparsa nei dintorni, la magia di quella notte ci aveva trasportati lontano dalle miserie. Tom sanguinava e non si poteva vedere, appoggiato ad una vecchia Chevy, fumava e ci osservava. Lory gli stava vicino, tenendo l'avambraccio appoggiato sulla sua spalla. Ci guardava con la solita espressione da scema, facendo ciondolare tra le dita, la bottiglia vuota. Se Tom diceva: "Ehi tu, dammi una sigaretta", ogni ragazzo cercava il suo pacchetto. Questo era Tom "Greasy Thumb", tutti i piscioni del quartiere volevamo essere come lui. Sputò per terra e scalgliò una bottiglia contro il furgone del latte. E Tom rideva... ma sanguinava e non si poteva vedere. M'afferrò per il collo, mi sbattè contro un auto, mi schiacciò la sigaretta accesa sulla mano. "I topi di fogna stanno bene nella spazzatura!", urlò.

La musica era finita. Riuscii ad estrarre la mia vecchia Glock e gli sparai un buco in fronte. L'incantesimo s'era rotto. Barcollando, Tom riuscì a fare ancora tre o quattro passi, tornò verso me e m'abbracciò per sostenersi prima che le forze l'abbandonassero del tutto. Goccia a goccia, il sangue colava dalla piccola apertura, insozzandomi la faccia, i vestiti, arrivando fino alle scarpe. Di lì a poco il sole avrebbe soffocato Riverside con onde di calore. Avrebbe illuminato tutto. Il negro steso al suolo. Il liquido rosso ancora vivo che scendeva in piccoli rivoli, formando una pozzanghera scura. Lory, che continuando a trastullarsi con la bottiglia, camminava mestamente verso Tribeca. Betsy, che si era seduta e abbracciava la mia gamba. Me, che ripetendo mentalmente il meraviglioso e ossessivo battere sui tasti di «Misterioso», osservavo il morto e pensavo: "Ora stai bene Tom, nemmeno sanguini".


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