Marzo pazzerello, Aprile con l'ombrello

Di nebbia poi, in questi ultimi due anni, se ne è alzata parecchia e a volte davvero formidabile, in ogni campo (di granoturco e della vita) e in ognuna di queste mie desolate e disperate, piatte statali di asfalto.
Anche se c’è da dire che questo Marzo appena passato, di solito foriero delle ultime (o le prime?) considerevoli nebbie ha un po’ deluso. E in effetti tutto mi appare lucidamente chiaro.
Il mio non è più lo sguardo nel vuoto di una vittima dell’amarcord, ma di uno che non solo sa (e lo sa da quando ha iniziato ad avere un briciolo di cervello), ma che anche conosce, sperimenta ormai come ci si ritrova incastrati e invischiati in un vitale, più che necessario, processo di adattamento non al male del mondo, ma al male che è il mondo.
E dico così (vitale etc…) perché è sempre lì dove si arriva alla fine stringi stringi:
La Sopravvivenza Del Più Adatto.
Non è che voglia usare questa abusata definizione per ottuse e scientiste teorie sociologiche alla Spencer, né tanto meno per quel lungo processo dato da diversi fattori (selezione naturale, cambiamenti genetici e fenotipici e, quindi, quel magico, forse immaturo, concetto che è la Casualità) e descritto da Darwin con un’umiltà degna di un Padre della Chiesa.
La uso invece per definire un dilemma che ad Amleto ancora oggi fa più di un baffo e che ha mietuto ben più di qualche giovane vittima, come ricorda Piccole Anime.
Si parla di un sistema che riproduce in ogni senso solo ciò che gli è simile, merce e denaro, che poi per Marx sono la stessa cosa ed è proprio questa identificazione la vera essenza del Capitale, più che la semplice accumulazione di denaro, condizione necessaria ma non sufficiente a definirlo.
Chiunque non gli si sia simile ed esuli in qualche modo dalle sue regole, che descrivere servili è dire poco (meglio probabilmente schiavistiche), è condannato a trovarsi in una fottuta Terra di Mezzo in cui Sauron è l’ultimo dei problemi, lo sai bene.
Ma vedi? Anche ora mi trovo “tra il gnac e il pitac” (dopo “…Piccole Anime." per esempio: da notare il volo pindarico verso lidi a me più noti e saldi, in un vano tentativo di razionalizzazione), come si dice dalle mie parti, non solo nella vita ma in questo vuoto discorso, in cui, non appena mi sono vagamente avvicinato a parlare di ciò che è tanto importante, per non dire essenziale inizio a divagare e a distribuire, giusto per salvarmi, come in un divertissement pascaliano, responsabilità che, per quanto oggettive al pari di un macigno che ti tenga inchiodato/a al suolo, non sono certo il massimo per descrivere l’impalpabile volontà dell’azione, del gesto. Di recidere questo ridicolo nodo gordiano senza poi, tuttavia, sciogliere proprio nulla se non me stesso. In un acido che è tutta naturale putrefazione.
Perché sarebbe “come voler piangere anzitempo; tutto (in realtà) sarà chiaro alle prime luci dell’alba” e non prima che queste oscure dialettiche, così indifferenti a noi come gli dei degli epicurei quanto, però, vive, perché plasmate da noi, trovino la loro risoluzione per mezzo nostro, finalmente riconciliando la nostra caduta non con la nostra necessaria disfatta, ma con l’altrettanto necessaria nostra liberazione.

E come puoi leggere, nonostante l’abbia appena detto, finisce che ne faccio ancora un discorso di collettività proprio quando arrivo al limite del tabù, al pensiero che più non sopporta se stesso. Forse è questo il dilemma. Unire me a te o noi a loro. Forse unire, semplicemente. Ma qualcuno, al di là, rimarrà sempre e saranno pure cazzi suoi. O è trovare semplicemente il coraggio che manca e tutto finisce lì?
Oppure è meglio non dire un mare di banali cazzate astratte.
Insomma, non ci sarà “la nebbia in val padana” ma la mentalità si incasina ugualmente.

PS: "Uno degli esempi più convincenti che io conosca di un animale che compie apparentemente qualche atto a esclusivo vantaggio di un altro animale, è quello degli afidi che cedono volontariamente alle formiche le loro escrezioni zuccherine...che questa azione sia compiuta dagli afidi volontariamente è dimostrato dai seguenti fatti: Io levai tutte le formiche che circondavano un gruppo di una dozzina di afidi su una pianta di romice e impedii che vi ritornassero per diverse ore. Dopo questo intervallo ero sicuro che le afidi avrebbero deposto la loro escrezione. Li osservai con le lenti, ma non vidi escrezione alcuna: allora li solleticai e accarezzai con un capello cercando di imitare come meglio potevo le antenne delle formiche, ma anche in questo modo nessuna escrezione. Permisi allora a una formica di raggiungerli, e dal modo come correva dall'uno all'altro, essa sembrò ben consapevole di aver fatto una scoperta preziosa; cominciò allora a palpare con le antenne l'addome prima di un afide, poi degli altri; e ciascuno, al contatto delle antenne, sollevava immediatamente l'addome ed emetteva l'escrezione di una limpida goccia del liquido zuccherino, che era divorato avidamente dalla formica. Anche i più giovani afidi si comportavano in questo modo, dimostrando che la loro azione era istintiva e non risultante da esperienza."
(Charles Darwin)


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