Il fantasma assassinato

Sono un fantasma. Sono il fantasma di un uomo assassinato. Volo qua e là nel cielo. Sono in grado d'andare ovunque, nei deserti o sulle cime innevate, rincorrere un delfino che nuota in mezzo al mare, carezzarlo, osservarlo in volto e cercare di capire perché ride. Posso seguire a volo d'angelo la donna che ho sempre amato, farle dei complimenti, baciarla. Ma lei non se ne accorge, così anche la tenerezza perde significato. Meglio lasciar perdere anche se poi mi intristisco. Riesco a fare tante cose, ma non le faccio. Non mi diverto se devo farle da solo. Allora, in mancanza di meglio, plano sulla spalla del mio assassino. Sta seduto in poltrona e sembra sorridere bonariamente, sembra anche felice, ma non lo è. Non si è mai divertito davvero e mai è stato felice. Nemmeno quando mi ha tolto la vita, credo che non si sia nemmeno reso conto che mi stava uccidendo. Ma io sono morto e lui è seduto lì, sorride bonario ed è... morto. Non c'è dubbio, ha gli occhi sbarrati e la bava in bocca, è morto anche lui! Non gioisco. Non c'è motivo. Lo farei soltanto se potessi tornare in vita e riprendere con nuova consapevolezza da dove ho dovuto lasciare, ma questo non è assolutamente possibile. E poi, dov'è tutta sta differenza tra essere vivi, vivere senza vita, ed essere un fantasma e volare dietro al nulla? Non c'è. In realtà, ero morto anche quando credevo d'esser vivo. Respiravo o poco più. Senza vita perché avevo buttato tutte le possibilità che mi si erano presentate. Tutte.

Valeva lo stesso anche per lui, il mio assassino. Che strano tipo. Era un criminale che voleva essere amato. Però, negli altri non suscitava nulla, né affezione né odio, niente. Prova qualcosa per me! Ti scongiuro! Deve aver pensato chissà quante volte. Invece niente. Allora, era diventato un assassino. Aveva ucciso brutalmente anche mio fratello e poco c'era mancato che non facesse fuori anche la mamma. Appollaiato sulla sua spalla, vicino a quel sorriso falso, lo osservo e rifletto. Non somiglia a chi sa rinascere dopo la sconfitta, a chi vive senza scopo, a chi non vuole apparire sicuro di sé, a chi lascia vivere le proprie contraddizioni e non gli importa d'essere coerente, a chi non vuole essere speciale e in lui convive il bello e il brutto, luci e ombre. In definitiva, tutti quelli che risplendono senza farsi notare. Quelli somigliano ai fiori, che sono belli e profumati, ma sanno di non essere fatti solo per essere annusati o guardati. Questo, il mio assassino non è mai riuscito a capirlo. Lui viveva in superficie, non approfondiva mai, era sempre al centro dei propri pensieri, assorto in una recita continua, viveva in un deserto di sentimenti. Pover'uomo, non riusciva ad entrare in intimità neanche con sé stesso. Era come quel attore il cui solo scopo era ottenere l'approvazione del pubblico. Mediocre attore. E quando si guardava allo specchio, vedeva un cane che scodinzolava, un cane al guinzaglio delle opinioni degli altri. Vuoto, senza orrore di se stesso, avrebbe detto Petrolini. Che pena. Quanto dolore mi provoca, tanto tanto. E io, che dopo la mia dipartita ho avuto molto tempo per riflettere e sono diventato buono, quasi buono, provo compassione, sono vicino ad amarlo. Quanto devi aver sofferto anche te, caro BABBO. In quei grandi occhi vedo luccicare lacrime, il sorriso bugiardo è in realtà un'espressione di profonda tristezza. Volo via, torno tra gli aquiloni, torno a caccia di delfini da carezzare e cercherò di nuovo l'amata da baciare. È meglio, sono troppo confuso, non mi sento di giudicare nemmeno il mio assassino.


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