Povero fantasma [Racconto triste]
Sono un fantasma. Sono il fantasma di un uomo assassinato. Volo qua e là nel cielo. Sono in grado d'andare ovunque, nei deserti o sulle cime innevate, rincorrere un delfino che nuota in mezzo al mare, carezzarlo, osservarlo ben bene per cercare di capire come mai è contento. Posso seguire a volo D'Angelo la donna che ho sempre amato. Sta seduta su una panchina di un parco, guarda una mia foto e sorride. Sorrido anch'io. L'abbraccio e la bacio. Ma lei non se ne accorge e, se non avverte la mia presenza, le tenerezze non hanno alcun senso. Capisco che sopravviviamo solo nella memoria di chi ci ha amato. Rimangono dei gesti, alcune parole, qualche scritto, qualche foto. Allora, di che cosa può nutrirsi una creatura come me, che esiste, ha sentimenti, ma nessun posto dove andare? Chi muore dovrebbe sparire completamente senza cercare momenti di felicità. Dovremmo limitarci a essere presenze e lasciare le gioie ai vivi, noi fantasmi. Mi intristisco. Ho il mondo intero sotto di me, ma sono solo. Allora, in mancanza di meglio, plano sulla spalla del mio assassino. Sta seduto in poltrona e sembra sorridere bonariamente, sembra anche felice, ma non lo è. Non si è mai divertito davvero e mai è stato felice. Nemmeno quando mi ha tolto la vita, credo che non si sia nemmeno reso conto che mi stava uccidendo. Ma io sono morto e lui è seduto lì, sorride bonario ed è... morto. Non c'è dubbio, ha gli occhi sbarrati e la bava in bocca, è morto anche lui! Non gioisco. Non c'è motivo. Lo farei soltanto se potessi tornare in vita e riprendere con nuova consapevolezza, ma questo non è assolutamente possibile. E poi, dov'è tutta sta differenza tra essere vivi, vivere senza vita, ed essere un fantasma e volare inseguendo il nulla? Non c'è. In realtà, ero morto anche quando credevo d'esser vivo. Respiravo o poco più. Senza vita, perché avevo vissuto dentro una cappa di insensibilità. Valeva lo stesso anche per il mio assassino. Che strano tipo. Era un criminale che non commetteva reati, voleva essere amato. Però, negli altri non suscitava nulla, né affezione né odio, niente. Prova qualcosa per me! Ti scongiuro! Deve aver pensato chissà quante volte. Invece niente. Allora, era diventato un assassino. Aveva ucciso anche mio fratello e mia madre si era salvata perché pur di salvarsi, se la intese con lui.
Appollaiato sulla sua spalla, vicino a quel sorriso bugiardo, lo osservo e rifletto. Lo conosco bene, non capiva quelli cui piace vivere senza attirare l'attenzione, chi sa rinascere dopo la sconfitta, chi non vuole essere speciale e fa coesistere in sé il bello, il brutto, la luce e l'ombra. Quelli che somigliano ai fiori, che sono belli e profumati senza saperlo. Immerso in una recita continua, non riusciva ad entrare in intimità con nessuno, neanche con sé stesso. Pover'uomo, era uguale a quel attore il cui solo scopo era ottenere l'approvazione del pubblico. Mediocre attore. E quando si guardava allo specchio, vedeva un cane che scodinzolava, un cane al guinzaglio delle opinioni degli altri. Vuoto, senza orrore di se stesso, avrebbe detto Petrolini. Che pena. Quanto dolore mi provoca, tanto tanto. E io, che dopo la mia dipartita ho avuto molto tempo per riflettere e sono diventato buono, quasi buono, provo compassione, sono vicino ad amarlo. Quanto devi aver sofferto anche te, caro babbo. In quei grandi occhi vedo luccicare lacrime, il sorriso bugiardo è in realtà un'espressione di profonda tristezza. Ti guardo ancora. Già cala l'indulgenza. Anche sentirmi vicino alle tue sofferenze, non basta a colmare la rabbia per avermi messo al mondo. Volo via, vado tra gli aquiloni, torno a caccia di delfini da carezzare, cercherò ancora l'amata da baciare. E se non si accorgerà di me, immaginerò il nostro bacio. Che triste sorte. E tu, amata mia, pur con tutte le tue limitazioni, tribolazioni, anomalie, sei viva. Come puoi essere amata da me, se non puoi partecipare ai miei baci e ai miei abbracci? Sopravvivo unicamente nei tuoi ricordi. Povero fantasma. Sono nient'altro che rimpianti, sogni e desideri che fluttuano nell'aria. Condannato a nutrirli senza sosta. Quando si esauriranno, quando avrò consumato anche l'ultima fantasia, di me non resterà nulla.