La storia del rock è piena zeppa di band dalla line-up instabile. Moltissimi sono i musicisti che, avendo fatto parte di un gruppo di successo e non volendo più dividere i profitti (le famose "divergenze artistiche..."), si sono lanciati in carriere soliste o hanno messo in piedi dei side project. La storia del rock è pure piena di dischi acerbi di molti di questi musicisti dall'ego molesto... Potrei fare un lungo elenco a supporto di questa tesi, ma non voglio tediare il lettore e in più rischierei di dimenticare qualcuno... Citerei però Frank Zappa che all'argomento ha dedicato molte canzoni. Nella mente del baffo di Baltimora, il tema prendeva la seguente forma "Ai miei musicisti non interessa la mia musica e credono di poter fare a meno del sottoscritto... Stanno con me solo per i soldi e per i pompini delle groupies..."

Ora, non so se i Mallard rientrassero nella casistica zappiana. So però per certo che sono alcuni degli elementi che resero grande la "Magic Band" di Captain Beefheart: ovvero: Bill Hackleroad, chitarra, meglio conosciuto come Zoot Horn Rollo, Mark Boston, basso, ribattezzato Rockette Morton, e Art Tripp III, batteria, da tutti chiamato Ed Marimba. Ad essi si unirono tale Sam Galpin, voce e John "Rabbit" Bundrick, tastiere.

Dovete sapere che la disgregazione della Magic Band, avvenuta nel 1974, dopo la pubblicazione di "Unconditionally Guaranteed", fù senz'altro amichevole... Tanto per dire, i Mallard presero il nome da un tipo di papero selvatico piuttosto comune (anche se "Mallard" è pure il nome del treno a vapore ritratto in copertina); ciò diede a Captain Beffheart la possibilità di definire i suoi ex-partners "Un branco di quà quà". D'altro canto Rockette Morton e soci dissero del loro ex mentore che era un "fottuto ladro".

Convenevoli a parte, la musica dei Mallard è un ottimo esempio di Avantguarde Country Rock. Segue le linee di tendenza tracciate dalla Magic Band, ma con meno delirio, più romanticismo e un pizzichino di retorica da cowboy. E soprattutto i loro due album, riuniti nel 1994 nel CD qui recensito, smentiscono la regola che vuole che i transfughi dalle band di (relativo) successo producano solo musica balorda... Uh, dimenticavo... Senza i soldi di Ian Anderson dei Jethro Tull, che li prelevò dalla California, li portò in Inghilterra e produsse i loro due dischi, i Mallard non avrebbero fatto molti progressi...

Il disco: "Back on the pavement" è uno di quei sfiziosi country blues veloci nei quali il cantante racconta le sue sfighe: "Non ho una donna, sto in mezzo a una strada, c'è sto mal di denti che mi tormenta... Però son figo e canto...". La slide Di Zoot horn Rollo offre una spalla su cui piangere-ridere... Con "She's so long, she's so lean" si replica, ma con ritmo più truffaldino e diversa ambientazione: un bar verso l'orario di chiusura, alcolici a profusione e una donnona fatale che non si sa se sia vera o frutto di immaginazione indotta... In "Road to Morocco" è Art tripp con le sue marimbas a fare gli onori di casa, a sbattercene fuori e proiettarci in medioriente. E invece non ci siamo mai mossi dal Texas... "One Day once" è una ballatona dal tono misto: ascoltandola non sai se rimanere in placida contemplazione delle cose belle del mondo o alzarti e urlare "HURRA'!!!". Ma l'ascoltatore saggio sa che c'è tempo per entrambe le cose... In "Desperado's waiting for a train" la bella raucedine del Galpin dà l'illusoria certezza che gli Eagles non siano venuti invano, mentre "Yellow" e "Peon" gravano entrambe sulle spalle robuste di Zoot Horn Rollo che, nel suo angolo di mondo, non ha bisogno di clamori...

Oh, tutti questi bei brani fanno parte del primo omonimo album dei Mallard uscito nel 1975. Nel successivo "In A Different Climate" (1976) si replicano i colori, gli umori e l'insuccesso del precedente ma con l'aggiunta delle tastiere canterburyane di John Thomas.

Evviva la musica balorda prodotta dai transfughi dalle band di (relativo) successo...

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