Sarà una recensione rapida anche perchè le Mammine ed i Paparini sono stati una band che ha fatto tutto in fretta, bruciando le tappe e bruciandosi in pochi anni. Vi parlerò di loro e del loro primo album che resterà praticamente unico anche se non l’unico.

Inspiegabilmente assente dal Deb, quest’album del 1966, anno in cui persino io ero un bambinello, è uno dei manifesti della stagione hippie e dei movimenti libertari negli Stati Uniti del dopo Kennedy. Chi non avrebbe voluto viverli quegli anni mitici di contestazione alla guerra del Vietnam e alla discriminazione razziale, anni di liberazione sessuale, di uso indiscriminato di droghe?

Il gruppo si forma nel settembre del 1965. John Phillips è un giovane musicista folk che crede di scrivere per la gloria imperitura della Summer of Love californiana e per la bella e disinvolta moglie Michelle Gilliam vera e propria immagine del futuro gruppo. I due completano la band pescando quasi per caso una strabordante forza della natura, Cass Elliott, voce potente in un corpaccione esagerato e Denny Doherty un canadese con una bella voce vellutata che provenivano ambedue da un gruppo folk, “The Mugwumps”, in cui milita anche Zal Yanovsky che di lì a breve fonderà i "Lovin' Spoonful" con John Sebastian.

Non si sa bene nè come né perché John Phillips scrive due delle hit di maggior successo degli anni ’60, “California Dreamin’” e “Monday Monday”, pezzi davvero esplosivi. E il successo arriva clamoroso ed i nostri eroi si ritrovano catapultati sulla scena mondiale.

L’album decolla come un’astronave e, pur tenendo conto che “2001” di Kubrick arriverà solo due anni dopo, fa un botto pazzesco. Furono d’aiuto gli atteggiamenti della band, l’abbigliamento molto da beatnik, la promiscuità dichiarata, acidi e droghe varie su cui non si lesina e il gossip intorno alla bella Michelle che sforna flirts a tutto spiano. Insomma un pò era promozione, un pò rivoluzione dei costumi, sta di fatto che l’album spopola.

“California Dreamin’”, la canzone simbolo, nasce dal desiderio di celebrare la terra promessa del rock, esaltando quella generazione di giovani ribelli che sognavano amore libero e fiori nei cannoni. Tutto molto ingenuo ma, si sa, la gioventù… e poi quell’assolo di flauto che a me ricordava i film western era molto pittoresco.

In Italia la propongono i giovani Dik Dik e fu un successone anche da noi e si può dire che “Sognando la California” inaugura la furbesca e fortunata stagione delle cover straniere tradotte, tra gli altri, da Mogol, ma questa è un’altra storia…

“Monday Monday” come singolo, schizza al primo posto nelle vendite per diverse settimane e traina l’album al primo posto in America, il che non è poco.

Carini e freschi anche gli altri brani su cui spicca “Go Where You Wanna Go” e persino una cover dei Beatles (“I call your name”). Ben confezionato, l’album rappresenta quel momento di leggerezza e frenesia che quella generazione stava provando, un momento che durerà almeno fino ad Woodstock.

Qui finisce la bella storia ed inizia la travagliata fine.

Tra alti e bassi tirano avanti ancora un paio d’anni, tra liti coniugali con cacciata della bella Michelle e l’arrivo di una sostituta, poi il ritorno di Michelle e dischi sempre più inutili, il desiderio insopprimibile di Mama Cass di intraprendere la carriera solista e infine lo scioglimento. C’è poi un tentativo di reunion nel 71 ma inutilmente.

Mama Cass, che aveva sempre sofferto di problemi di salute, muore d’infarto nel ’74 a 32 anni a Londra. John Phillips nel frattempo era stato uno degli organizzatori del festival di Monterey e nel ’67 scrisse ‘San Francisco’, portato al successo da Scott McKenzie. In seguito diventerà produttore cinematografico.

Dopo l’inevitabile divorzio la bella Michelle, unica sopravvissuta della storia, si dedica al cinema ed alla TV e si ritaglia una non disprezzabile carriera di attrice. Il terzo incomodo Denny Doherty (fu lui il primo diavoletto tentatore di Michelle) si da all’alcool e poi produce un musical a Broadway sulla storia del gruppo. Per il gossip un altro diavoletto fu Gene Clark dei Byrds.

Naturalmente le cose furono un po’ più complesse di così e forse ho dedicato ai personaggi più spazio che alla loro musica, ma le canzoni e i loro autori erano connessi in modo totalizzante. Di certo non avevo la pretesa di scandagliare un periodo così importante. La storia però era interessante. E poi si può sempre approfondire!

Sanluri a tottus!

P.S. Scopro con colpevole ritardo che c’erano già ben due recensioni, anche se molto datate, dell’album. Ma siccome seu malu, ve la posto e ve la pongo... in visione!

Carico i commenti...  con calma