Alla fine di un anno balordo e cupo come il 2022 ,dovendo indicare un film italiano a mio parere valido non esito a qualificare tale "Esterno notte" di Marco Bellocchio. E non solo per il fatto che tale regista ha sempre realizzato pellicole mai banali e centrate su temi di grande rilievo, ma anche per la sua scelta di tornare sul caso Moro, un tema da lui già affrontato ai tempi di "Buongiorno, notte" risalente al 2003. Ma questa volta Bellocchio propone un film dai tempi fluviali (quasi 6 ore) che, dopo il passaggio nelle sale cinematografiche, è stato programmato dalla RAI lo scorso autunno.

Qualcuno potrebbe obiettare sulla scelta di tornare sul caso Moro, su cui si è detto e scritto molto dal 1978 ad oggi. Cosa potrebbe esserci di inedito? Eppure (e questa è la mia impressione) l'intera vicenda resta sempre ingarbugliata ed enigmatica e non si può non convenire su un fatto lampante : di tutte le vittime innocenti in quella stagione italiana della strategia della tensione (dal 1969 fino a lambire gli anni '80 del secolo scorso) Aldo Moro è stato non solo quello più in vista e teoricamente intoccabile, ma soprattutto colui che avrebbe potuto essere risparmiato se solo chi di dovere si fosse realmente adoperato per liberarlo dai suoi sequestratori BR. E rivedere le fasi salienti di tutta la vicenda del sequestro ed uccisione di Aldo Moro e della sua scorta lascia sempre sconcertati.

Il film, diretto con mano ferma e sorretto da un ritmo incalzante,, ripercorre quei mesi tragici dando voce ai protagonisti di quel tempo (interpretati magistralmente da vari attori e attrici di grande spessore) che ci appaiono per quello che sono tutti in un modo o in un altro: perdenti. Non si tratta solo di Aldo Moro (Fabrizio Gifuni perfettamente in parte), uomo dai modi sobri (lontano anni luce dagli attuali politici) che subisce una sorte tragica da novello Gesù Cristo (tanto da reggere una croce sulla Via Crucis), tradito dai suoi amici (da lui poi disprezzati) di partito al punto da risultare pavidi a fronte delle manovre di noti eversori (P2 e Gelli). Quella di Moro è la figura di un uomo che si trova in un vortice drammatico più grande di lui, tanto da confessare di avere paura di morire e voglia ancora di vivere.

A Moro si deve aggiungere la sua consorte che tenta, per quanto le è possibile, di incrinare il cosiddetto fronte della fermezza contrario a trattare con le BR per liberare lo statista democristiano. Ma non ci riesce e anche i tentativi dell'allora Papa Paolo VI non sortiscono risultato migliore. E neppure bene ne escono i terroristi autori del sequestro (Moretti, Faranda e company) che non vanno oltre i dogmi dell'insurrezionalismo leninista e non si avvedono che liberare Moro sarebbe stato si' un atto destabilizzante per l'allora establishment democristiano, mentre ucciderlo avrebbe fatto anche il gioco di altri avversari del politico dc.

E se proprio restano dubbi sull'intera vicenda, è molto esplicativa ed efficace la parte in cui l'allora ministro degli Interni Cossiga ,non sapendo bene come aiutare l'amico Moro, ricorre ai consigli (per niente disinteressati) di uno psicologo giunto dagli USA per conto del governo americano e di nome Pieczenik. Questi, forse la figura più ambigua dell'intera tragedia, consigliò di analizzare in chiave psicologica le mosse e i comunicati dei brigatisti tanto per attuare una specie di guerra dei nervi del tutto inutile con le BR. E se tutto questo non fu una strategia diversiva, come si dimostrò il comunicato che indicava la presenza del cadavere di Moro in un laghetto ghiacciato nel Lazio, beh mi si dica cosa poteva essere altrimenti.

Insomma, come si evince dal bel film di Bellocchio, liberare Moro non era impresa improba dal momento che la sua prigione era in un appartamento a Roma (grande città certo, ma non paragonabile ad altre metropoli) e ricorrendo a qualche informatore infiltrato nell'estrema sinistra di allora si sarebbe riusciti a fare qualcosa di concreto, senza perdere tempo a chiedersi se le lettere scritte da Moro nella prigionia fossero autentiche o no e se fosse il caso di trattare o no con le BR. Forse si volle proprio perdere tempo prezioso e a ragion veduta, anni dopo i fatti, la vedova di Moro ebbe a dire, più o meno, di avere avuto la sensazione che la soluzione di tutto l'enigma fosse quasi sotto il naso, ma si continuo` ad evitare di chiudere positivamente il caso e di salvare l'illustre sequestrato. Una sensazione che mi sento di condividere in pieno.

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