Se parlando delle uscite discografiche di Knopfler volessimo fare riferimento alla questione numerologica che vede il vellutato "Last Exit To Brooklin" per le colonne sonore ed il masterpiece "Brothers In Arms" con i Dire Straits, potremmo dire che questo quinto album della discografia solista rappresenti un lavoro, che possa essere davvero poco confrontabile con i dischi appena citati. Il percorso musicale del Knopfler solista ha preso ovviamente le distanze dalla creazione di quelle ambientazioni musicali strettamente connesse alle immagini del grande schermo come all'irresistibile e multiforme sound dei Dire Straits.

KTGC è un disco in cui la semplicità dei brani infonde sentimenti di quiete, facendone risaltare la ritrovata vena creativa che fa più capo ad una squisitezza sentimentale di radice british, più che ad  un ampliamento di quelle lande musicali che trova nell'agreste atmosfera tipicamente hillbilly una costante delle ultime pubblicazioni. E' un suono che (forse) non farà nuove conquiste fra gli ascoltatori, guidato dalla tranquillità d'animo di chi oramai riserva ancor di più gli eventi autobiografici al proprio spirito narrativo e che conosce a menadito come far fluire il succedersi di una sofisticata combinazione di note, fatta risaltare da una singolare ricerca di quel valore timbrico che oramai ben conosciamo.

La ballata "True Love Will Never Fade" apre il disco in maniera semplice con un fluido scorrere di note che mettono in mostra quanto una dolce melodia ed un testo intimista possano contribuire a concepire un amabile brano. "The Fizzy And The Still" è un altro lento in cui troviamo i piacevoli arpeggi che impreziosiscono il brano anche per via di un incantevole ritornello che lascia comunque spazio alle godibili pizzicate di corda del nostro. Dalla malinconica "Heart Full Of Holes" non ci si può non far trascinare dal cantastorie Knopfler che trova nell'azzeccatissimo accompagnamento di una fisarmonica, l'anello mancante per rendere piacevole un brano che solo dopo vari ascolti proverà a rivelarsi in tutto il suo godibile fascino. Violini e (ancora) fisarmonica manifestano in "Secondary Waltz"  la voglia di mostrare quanto oggi sia  importante esprimere in note una dimessa inquietitudine interiore, come in "The Scaffolder's Wife" il buon Mark ce la mette tutta per trasmettere l'amorevolezza narrativa che distingue la propensione per quelle atmosfere tranquille che spiccano negli ultimi lavori.

Un ascolto che fino ad ora non fa altro che rivelare una personale e tenace visione dell'anima, in cui Knopfler ci guida attraverso quei campestri paesaggi sui quali abbiamo avuto la possibilità di porci come nostalgici fruitori ascoltando i dischi di Kenny Rogers o dei maestri Chet Atkins o J.J. Cale, veri capiscuola (e maestri) nella creazione di questo genere di scenari.

"Let It All Go" è uno di quei brani dal gusto folk traditional in cui la dondolante successione di accordi viene a calzare a pennello con un ritmo narrativo dei tempi che furono. A "The Fish And The Bird" spetta sicuramente il non facile compito di far risalire l'apprezzamento per questo disco, dove un carezzevole arpeggio che sottolinea a dovere un cantato da perfetto novelliere.  L'esotica "Punish The Monkey" - che a suo modo richiama la celebre "Ride Across The River" - è un bel concentrato di sonorità vellutate ove i passaggi chitarristici dipingono limpidamente quello che possa essere definito a tutti gli effetti  come un paesaggio fatto di semplici note caratterizzato anche da dei toni sgargianti. Il tono dimesso di "Behind With The Rent" prosegue il filone della musica intesa come espressione di personali sensazioni, che in "Madame Geneva's" raggiunge il non plus ultra, aspirando a divenire una delle composizioni più riuscite dell'intero cd. In "We Can Get Wild" è piacevole farsi dondolare da una garbata alternanza di accordi in cui è una scintillante chitarra educatamente accompagnata da un tappeto di tastiere ad ingenerare sentimenti mesti nell'ascoltatore, mentre "In The Sky" per quanto si riveli amabile ed ammaliante, ci palesa che nel migliore dei modi, che anche questa godibile escursione musicale sta per giungere al termine.

Il cd in questione è figlio di un artista che ha messo audacemente da parte la capacità di cimentarsi nella creazione e personalizzazione di un suono sopraffino capace di distinguersi nell'oceanica produzione musicale di quel contesto storico-musicale che tante identità ha visto sorgere, per un suono altrettanto maturo sacrificando quello smalto a cui l'ascoltatore odierno (..che spesso è anche quello di un tempo..) ha formalmente rinunciato.  Un disco che in copertina riporta una pregevole opera di John Bratby ( la celebre  "Four Lambrettas and Three Portraits" of Janet Churchman del 1958) quasi a voler indicare quella volontà di sentirsi più trascinato da dei colori tenui, così come la sua chitarra si colloca da parte rispetto alle melodie e alle ambientazioni che costituiscono la centralità dei discorsi musicali che qui è possibile ascoltare. Senza dubbio un disco maggiormente orientato verso territori che hanno nel folclore popolare europeo  un fermo punto di riferimento; un lavoro fatto nel più pieno rispetto e miglioramento della forma canzone che mai e poi mai ci porterebbe a pensare di trovarsi di fronte al solito Knopfler, cosa che in tutta sincerità, mi augurerei anche da qui ai prossimi quindici anni.

La Deluxe Edition è un esaustivo ed onesto compendio sulla lavorazione del disco, per chi non si accontenta dell'audio cd, ma anche per chi vuole conoscere in maniera compiuta uno tra i più completi artisti che l'universo musicale possa sfoggiare.

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