Certi dischi li ascolti nel momento sbagliato. Oppure nel momento giusto. Non so nemmeno io cosa cercavo ma questo disco me l'ha dato e non ne vuole più sapere di uscire dal mio stereo. Voglio cazzotti in faccia ma anche carezze e la testa di qualcuno poggiata sulle mie spalle. Mark Lanegan sa fare tutto questo, Mark Lanegan non è il primo arrivato. Io invece si e mi sono perso nella musica struggente e bellissima di quest'album. Per me potrebbe cantare pure l'elenco telefonico ed io lo apprezzerei lo stesso. Non me ne vogliate sono di parte. Quel timbro caldo, basso e rauco che sa di alcool e sigarette. Un'immagine abusata ma dannatemente efficace per descrivere questo cantore maledetto, questo "reduce della vita". Semplici canzoni d'amore, tutto qui. Mi lascio trasportare quando parte la musica, steso sul letto con gli occhi rossi e gonfi per le lacrime. Non voglio sentire altro, fate silenzio tutti. Qui dentro convivono il presente ed il passato filtrati attraverso la personalissima ottica di Lanegan. Una passione sempre dichiarata e mai sopita per una certa tradizione folk-blues americana. Un disco di sole cover è un azzardo per chiunque ma quando hai a che fare con gente di questo calibro stai sicuro che non verrai tradito. Mark si fa aiutare mica dai primi arrivati (il fido Mick Johnson, Ben Shepherd, Van Conner, Mark Pickerel, Barrett Martin, il produttore Martin Feveyear tra gli altri) ma è sempre lui con la sua voce a fare il bello ed il cattivo tempo, ti prende allo stomaco, ti rivolta dentro, ti fa piangere e ti fa gioire. Voglio sentire quello di cui ho bisogno. L'opener "Carry Home" ( Jeffrey Lee Pierce) è forse l'apice del disco, una semplice chitarra acustica pizzicata sulla quale i vocalizzi struggenti di Lanegan si poggiano alla perfezione. "Shilton Town" (Timothy James Hardin) è un country dove il nostro ci riporta alla mente Neil Young ed  il valore aggiunto sono il piano di Matt Feveyear ed un violino mai invadente, "On Jesus' Program" (Overton Vertis Wright) è un blues maledetto, un colpo al cuore. "I'll Take Care Of You" (Brook Benton) e "Consider Me" (Eddie Floyd) parlano di me ed un misto di lacrime e "vuoti di stomaco" mi assale all'improvviso senza che io possa batter ciglio. La prima con un testo semplicemente stupendo, un testo che probabilmente ogni innamorato vorrebbe scrivere alla persona per la quale ha perso la testa, la seconda è soul allo stato puro con un organo presente e decisivo. Non voglio altro, voglio solo lasciarmi trasportare da queste note bellissime terribili prima del colpo di coda finale: "Boogie Boogie" (Tim Rose), elettrica, sporca e sudicia. Musica che va ascoltata con le orecchie, musica che ascoltata anche con altre parti del corpo, musica che va a toccare altre sfere sensoriali e di percezione. Mi sono scocciato di stare bene, adesso voglio stare un pò male per te, adesso voglio solo chiudere gli occhi e basta. Buonanotte mia piccola Ros.

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