"...Butta fuori i tuoi pensieri o finiranno per ucciderti ..."

Gli eventi dell'ultimo biennio ci hanno messo dinanzi alle debolezze della società contemporanea, facendoci calare in un contesto drammaticamente frammentato, fangoso e irto di difficoltà. Più di tutti, è emersa l'inadeguatezza dell'individuo medio, sia nella dimensione intima (che per costrizione è stato costretto a vivere, specie nei primi mesi di quel cazzo di 2020), sia in quella collettiva, con l'oneroso dovere nei confronti della comunità, oltre che per il delicato equilibrio economico, enfatizzato dal conflitto ucraino.

Ma è interessante, almeno per me, porre l'attenzione sulla dimensione dell'io, dell'uomo che, prima ancora di muoversi in questa bizzarra e indomabile bestia che chiamiamo società, deve domare (o almeno provare a farlo) se stesso. Muoversi in un'ecosistema così complesso, che vive di quella dicotomica discordanza tra razionalità e irragionevolezza fino a trovare un equilibrio destinato ad un continuo dinamismo, è cosa che solo pochi riescono a fare.

"Persona", sesto album in studio di Marracash, è un compendio di quanto appena descritto: pubblicato il 31 ottobre 2019 (tre mesi prima dell'evento pandemico), arriva sul finire dell'ondata trap cartoonesca, portando in auge una narrazione del tutto inedita e ossimorica con quella del momento, che scardina del tutto quella sfarzosa e opulente, profondamente attanagliata al consumismo e che proprio in quest'ultimo vedeva la concretizzazione di una rivalsa sociale, lasciando spazio ad uno scenario più contenuto, umile, che vede la rivalsa nella comprensione di se stessi.

Un arazzo di inquietudini, paranoie e debolezze: Marracash non risparmia nulla e si getta in un flusso di pensieri constante che ridimensiona l'agiatezza, collocandola come appendice doverosa, ma non necessaria per una vita dignitosa. Ciò che occorre invece è l'equilibrio, la necessità di trovare il coraggio di guardarsi allo specchio, senza vergognarsi di ciò che si è

Il prodotto si presta come un diario che però talvolta fatica a mantenere intatta la condizione di omogeneità suggerita dalle premesse; non aiuta nemmeno la vasta fauna di collaborazioni, nomi altisonanti emblema di una genuflessione a logiche di mercato che, per un prodotto di questa natura, appaiono decisamente superflue.

Quando colpisce però, va dritto al punto e lascia spiazzati: il ruvido decadentismo di "Qualcosa In Cui Credere", la delicata malinconia di "Appartengo", il desolante spaesamento di "Tutto Questo Niente" e il timido e drammatico storytelling di "Crudelia", sono tra gli episodi che più godono di quella trasversalità che permette al rap di espatriare dai suoi striminziti confini per esplorare lidi pop ignoti.

L'epica del millenial dunque (e della generazione z), tra nevrosi social e timori cibernetici. Essenziale, anche solo per dare una voce a quel tipo di sofferenza che agli occhi dei più adulti, anche di quelli più attenti, potrebbe sfuggire.

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