Un chitarrista superlativo, sperimentatore di nuove sonorità e indiscusso protagonista della New Wave nipponica con una delle formazioni più influenti ed originali di quel movimento: gli Ippu-Do. Musicista di grande cultura, capace di spingersi ben oltre le suggestioni offerte dal pur vario retroscena musicale del proprio Paese d'origine, Masami Tsuchiya ha fatto scuola nel suo modo di rapportarsi allo strumento e di delineare quel genere di approccio "totale" (ed etnicamente connotato) alla composizione di cui David Sylvian fu, in Occidente, uno dei massimi portavoce. Con i Japan il Nostro ha anche suonato, nell'album di commiato "Oil On Canvas", mettendosi in luce anche agli occhi di quel pubblico anglo-americano che ancora non ne aveva saggiato la competenza e la perizia strumentale.

Il suo debutto solista, "Rice Music" del 1982, è opera di non facile ascolto, degna esemplificazione di una logica della sintesi e di un sincretismo complesso, profondo, maniacale nell'applicazione. E' un collage sonoro esito della mirata giustapposizione di tanti spunti, di numerose e diverse impressioni comunque organizzate in un insieme coerente, tanto che nell'album in questione è possibile distinguere (più ancora che in qualsiasi album degli Ippu-Do) il sound "peculiare" di Masami, i suoi "marchi di fabbrica" più ricorrenti: sovrapposizione di più basi ritmiche, largo impiego di percussioni elettroniche e tastiere, "groove" bassistici di matrice Funk, sensibilità melodica unita a un istinto veracemente rumorista, sperimentale, dissacrante, con punte di stravaganza "zappiana"; a creare una personalissima forma di Synth-Pop ampiamente debitrice di certi moduli espressivi della Fusion contemporanea, come del resto è lecito immaginarsi dalla lettura del cast dei musicisti coinvolti: la batteria è affidata a Steve Jansen, con Mick Karn e Percy Jones che si alternano al basso (ovvero, la sezione ritmica dei Japan al completo con il contributo di un maestro della Fusion britannica, già con i Brand X e session-man di rilievo). Sia Karn che Jones sono specialisti del Fretless Bass, meritano anzi di essere considerati figure decisive nell'evoluzione dello strumento e nella creazione di una timbrica che farà tendenza, caratterizzando molto del panorama Jazz del decennio. Dei due, Karn esprime il lato più romantico, passionale, meditativo, dando quindi il meglio di sé nelle composizioni più posate, con largo ricorso a glissati e legati, Jones (superiore in quanto a velocità esecutiva) predilige invece ritmi sincopati e cadenze alla Pastorius, esaltandosi nella frenesia concitata dei pezzi più sostenuti. Anche Tsuchiya, del resto, ha molto del chitarrista Fusion: la sua è una tecnica impressionante, capace di ricordare movenze tipiche del McLaughlin elettrico ma anche dello Zappa più recente; corde tirate e trilli eseguiti con perfezione metronomica, quasi "digitale", e immancabilmente i non-amanti della Fusion di quegli anni avvertiranno una sensazione di "freddezza". In realtà lo stile di Masami è perfettamente adeguato al contesto molto moderno, estremamente tecnologico e "artificiale" in cui le dieci composizioni dell'album sono ambientate, e il virtuosismo è sempre contestuale all'atmosfera di ciascun brano. Discorso analogo per la scelta dell'impatto timbrico, ora metallico e aggressivo ai limiti della brutalità, ora "pieno" e corposo, specie nei pezzi più lenti, ora "funkeggiante" e ritmato a creare una singolarissima forma di stralunata "dance chitarristica".

Si ascolti la "title-track" che apre le danze: la presenza dell'elettronica è forte, ma è in parte stemperata dal tocco bassistico di Karn e dalle linee molto melodiche di Tsuchiya, sulla base di una struttura metricamente ispirata al Blues ma nel contesto di un'ambientazione ancora giocosa, distesa, rilassata: belli i contrappunti corali femminili in sottofondo, ma a colpire è soprattutto l'impasto sonoro generale, ovvero l'amalgama perfetto fra gli strumenti e la mirabile integrazione chitarra-basso-percussioni a definire un affresco a tinte più che mai vivaci. "Se! Se! Se!" è invece vetrina d'esposizione per un'altra delle principali prerogative dello Tsuchiya chitarrista, la rapidità, ma è anche dimostrazione della sua familiarità col linguaggio della distorsione, della dissonanza e del feedback: interventi precisi e pungenti, quelli del solista, che vanno ad insinuarsi fra una strofa e l'altra all'interno di un pezzo dominato dalla ritmica ossessiva e dalle contorsioni del basso di Percy Jones, che introduce il brano stoppando le corde a vuoto in sequenza discendente (prassi frequentissima fra i cultori del "fretless"). Il Funk la fa da padrone anche fra i chiarissimi echi di "Superstition" che risuonano in "Kafka" (per la quale si scomoda, suonando tutti gli strumenti ad eccezione della chitarra, Ryuichi Sakamoto) e nella caleidoscopica improvvisazione collettiva (per strumenti e voci più che mai "robotiche") di "Rice Dog Jam", probabile saggio di come avrebbero suonato le Mothers Of Invention negli anni Ottanta; nel caos complessivo di quest'ultima è sconcertante, per difficoltà, il lavoro ritmico di Steve Jansen. "Haina-Haila" è un interessante esperimento di Tsuchiya sulle scale arabe e ricorda qualcosa di "Titles" di Mick Karn, mentre in "Tao-Tao" e in "Secret Party" (molto simile a "The Art Of Parties" dei Japan) ci si avvicina allo splendore strumentale del coevo "Tin Drum". "Silent Object" è uno strumentale che già anticipa molto della filosofia "ambient" della futura coppia Jansen-Barbieri, la conclusiva "Night In The Park" (fra voce sonnolenta e languidi passaggi del "fretless") è forse il pezzo migliore dell'album.

Per la qualità in sé della musica assegnerei tranquillamente quattro stelle, non trattandosi l'album di un capolavoro, ma ne assegno cinque proprio per la capacità di Masami (straordinaria per l'epoca) di creare un complesso quanto eccellente ibrido di Synth-Pop, Fusion etnico-strumentale e tradizione giapponese con una vena (come alcuni hanno fatto opportunamente notare) decisamente Glam-New Romantic.

Buon ascolto.

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