Siamo tutti, soprattutto, dei nostalgici, sotto sotto, almeno io lo sono.

Ho dei gusti difficili, non banali, penso, in campo musicale, ma se qualcuno, un tizio qualunque, semmai italiano, con le sue canzoni tocca le corde giuste, quelle della nostalgia, sono disposto a mettere da parte il blues astratto e dadaista di Captain Beefheart (del resto quarant'anni fa non sapevo neanche chi fosse) per buttarmi di nuovo nelle braccia del primo Claudio Baglioni e Drupi...

O, nel migliore dei casi del primo Ivano Fossati, quello, da lui stesso rinnegato, de "La mia banda suona il rock" e delle sue prime ballate romantiche.

Questo tale Gianluca Massaroni, al suo terzo album, che come mestiere lavora come trasportatore e accordatore di pianoforti nella azienda di famiglia, la Massaroni pianoforti appunto, lo ha fatto.

E io ci sono cascato come un pollo, e, giuro, l'ascolto di queste "vecchie canzoni" mi emoziona come poche cose ascoltate ultimamente, sono una persona semplice in fondo, io, anche se ho un nickname così strano.

Non cito pezzi, tranne due, per sollecitare la curiosità, di chi un minimo di curiosità la ha: "In erba" che a me in certe parti ("ma quanto sei bella...") sembra come se Fossati cantasse una delle ballate di Edoardo Bennato contenute in "I Buoni e i Cattivi".

E "Rollingstone", la più nostalgica di tutte, con dentro un coro finale, tanto Battisti, che quando si parla di nostalgia non può certo mancare.

Anzi, tre, mettiamoci anche "Mattomondo", che parla di attualità, e che con il suo iniziale giro di basso ricorda una delle canzoni più famose del più talentuoso amico di Lucio Battisti, Enzo Carella.

Consigliato, per i nostalgici della mia età e per chi non cerca l'originalità a tutti costi.

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