SPASSIONATAMENTE.

Mel Gibson disse riguardo il backstage del film: "C'erano molte cose insolite che accadevano sul set: cose belle, per esempio uomini che sono guariti dalle malattie; alcuni ciechi che hanno recuperato la loro vista, alcuni sordi il loro udito. Un altro, ferito da un colpo di fulmine mentre riprendevamo la scena della crocifissione, miracolosamente si alzò e andò via."

Ora, con tutta la stima che posso avere del personaggio Gibson, devo dire che questo suo “farsi interprete” egli stesso dei contenuti di un film che, per quanto ben realizzato, è pure sempre un’interpretazione (per altro discutibile) di un fatto storico, e questo suo “incarnarsi” in una figura da mezzo regista/messia cinematografico è davvero imbarazzante e fastidioso.

In questo "The Passion" (2004) si narra delle ultime dodici ore di vita di Gesú di Nazareth, quando finita l’ultima cena si reca nel Giardino degli Ulivi, rinuncia alle tentazioni di un Satana/Rosalinda Celentano (!), viene tradito da Giuda, viene poi catturato e portato a Gerusalemme dove verrà processato e condannato alla crocifissione. Da lì in poi il film diventa un vero e proprio “calvario” sia per il povero Gesù ridotto a “maschera horror” tumefatta e resa progressivamente irriconoscibile e sia per noi ignari spettatori che dobbiamo sorbirci quasi 45 minuti di frustate, violenze, insulti affogati in litri e litri di sangue ovunque: il sangue quindi come metafora del sangue di Cristo che irrora ovunque?!

Sta di fatto che questo “insistere” ossessivamente sulla violenza, sull’aspetto più d’effetto e scandaloso dell’intero martirio (se vogliamo, un aspetto secondario al senso ultimo del Calvario) ci dà più di una stizza di fastidio (e parecchi momenti di noia) perché svia l’attenzione su una scala di valori abbastanza gretta e “terrena” mischiando l’effettismo hollywoodiano con la trasposizione di una delle pagine più alte e misericordiose dei Vangeli. Il sacro e il profano, direbbe qualcuno.

Qualcun altro dice che in realtà il Cristo subì ben di peggio (pare che a Santa Brigida Gesù rivelò di aver ricevuto quasi 6 mila colpi, li avrà contati? Mah!) ma a mio modo di vedere non è in questo modo che andava affrontato un tema di questa portata (a mio avviso il capolavoro resterà sempre la trasposizione di P.P. Pasolini de “Il Vangelo secondo Matteo”).
La cosa migliore, se vogliamo decantare qualcosa, a mio avviso è stato l’aver introdotto l’uso della lingua originale (sottotitolata) lasciando necessariamente alle immagini il compito di “guidare” il film.

Un film che resta interessante nella sua interpretazione “fisica e terrena” della Passione, per lo meno una voce originale nella quale fin’ora nessuno si era cimentato nel fare (preferisco però come è stato bilanciato meglio l’intero capitolo nel film di Scorsese “L’Ultima Tentazione di Cristo” altro bellissimo film).
Un film questo che, a conti fatti, emana gran poco di sacro. Un plauso invece va fatto alla sceneggiatura (vero struttura portante di un film siffatto quasi privo di dialoghi) e alla colonna sonora per altro ben recensita da Mariaelena qui.

Un film che prende sicuramente allo stomaco ma che stenta a farci calare dentro, nella parte più spirituale e sacra del nostro essere, se non per il senso di colpa e di autolesionismo che ci inculca per tutta la durata del film (non dimentichiamoci che proprio sul “senso di colpa” e sulla “redenzione dei propri peccati” si fonda e si edifica l’intera dottrina cristiana).

Le domande che ci si pone sono: C’era bisogno di tutto questo sangue per farci provare il dolore per interposta persona? C’era bisogno di “esternare fisicamente” per farci “scuotere interiormente”? Gli effetti speciali in genere non suppliscono a carenza di idea o sono forse l’idea stessa di questo film? A queste e altre domande lascio il campo a voi e alle vostre opinioni.

Una pellicola discussa e che fa ancora discutere ma che, in ultima analisi e contrariamente a Mel Gibson, non mi fa certo gridare “al Miracolo”.

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