In trent'anni succedono tante cose: un uomo nasce e diventa adulto, oppure diventa adulto e si ritrova vecchio. Si può sterminare il 20% della popolazione tedesca e porre fine alle guerre di religione riconfermando la validità di un pezzo di carta firmato un secolo prima. Si può passare dal fare il comico in televisione al comandare parlamentari senza essere in parlamento. Oppure in trent'anni può non succedere nulla di tutto ciò, e che tre tizi che un tempo si trovavano nel garage di casa a suonare per cazzeggio oggi decidano di festeggiare le tre decadi di attività facendo le stesse cose che hanno sempre fatto, venti album e duecento pseudonimi dopo. Se hai cazzeggiato per sei lustri sfornando un disco all'anno, la cosa migliore da fare per commemorarli è ripetersi ancora una volta.

Accantonata la formazione a quattro con i Big Business e terminata la collaborazione con Trevor Dunn al contrabbasso; i Melvins decidono di rimettere insieme la formazione originale: quella del 1983, quando, diciannovenni cazzoni, suonavano hardcore punk nel garage di casa. Ecco allora tornare fuori dal nulla il batterista originale, Mike Dillard. Matt Lukin, il bassista, ha appeso la chitarra basso al chiodo ed ora fa il falegname; al suo posto ci va il batterista storico Dale Crover. King Buzzo ovviamente rimane al suo posto, immoto. Il risultato è un disco con alla batteria un amico di Buzzo dei tempi della scuola ed uno dei migliori batteristi del suo genere relegato al basso. Un album intitolato Tres Cabrones, "tre stronzi".

Ce n'è abbastanza per risvegliare la perplessità di chiunque, anche di coloro che hanno apprezzato gli ultimi dischi dei nostri, che altro non facevano se non approfondire il solito miscuglio di sludge, stoner e rock fracassone e casinaro. Tres Cabrones non fa eccezione. Verrebbe anzi da pensare che parta svantaggiato: il genere è lo stesso degli ultimi dischi, la differenza è che al basso abbiamo uno che se la cava ma non è un professionista, e che due batteristi esperti vengono sostituiti  da uno solo non esattamente conosciuto per la sua abilità. È un disco minore, e lo è inevitabilmente, ma i nostri, che per l'occasione si rinominano Los Melvins, riescono di nuovo a portare a casa la sufficienza.

Il terzetto iniziale Dr.Mule, City Dump e American Cow mette subito a proprio agio l'ascoltatore: la qualità della solita minestra è sempre buona: si tratta di canzoni scritte apposta per la formazione presente ed ogni musicista appare a proprio agio tra accelerazioni punk, rallentamenti sludge, occhiolini al noise più burino ed occasionali synth. Su tutto, la chitarra di King Buzzo fa inevitabilmente da padrona con particolare arroganza. Tra le tracce composte per l'occasione troviamo anche la curiosa I Told You I Was Crazy, lento pantano doom soffocato dai synth, ed il pezzo forte del disco, Dog and Cattle Prods. Nove minuti in cui troviamo un po' tutte le sopracitate componenti dell'album mescolate con grande classe: velocità, lentezza, pesantezza, parti al limite del noise ed inaspettate aperture melodiche; l'intero ascolto dell'album viene ripagato da questo pezzo. Psycho-Delic Haze, Stump Farmer, Walter's Lips e Stick 'em Up Bitch sono vecchi pezzi scritti nel 1983 già raccolti in un EP dell'anno scorso intitolato appunto 1983: la prime due sono semplici, pesanti ed aggressive; le seconde sono veloci pezzi punk rock. Mischiati tra i pezzi nuovi e quelli vecchi troviamo Tie My Pecker to a Tree, 99 Bottles of Beer e You're in the Army Now, tre canti da osteria rivisitati per l'occasione, giusto per ricordarci con quale approccio sia stato fatto questo album.

Con Tres Cabrones abbiamo dunque un disco suonato per divertirsi, che nel migliore dei casi diverte e nel peggiore annoia. Un disco minore, lo ripeto, ma se abbiamo pezzi che salteremo facilmente, come i coretti da caserma e le due acerbe canzoni punk, abbiamo anche diversi episodi che meritano un ascolto. Su tutte spicca quella Dog and Cattle Prods che è uno dei pezzi migliori dei Melvins degli ultimi dieci anni. I fan dei Melvins non rimarranno delusi nemmeno questa volta, ascoltatori occasionali e semplici curiosi faranno meglio a guardare da un'altra parte.

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