E' impressionante quanto la passione possa esplodere dai solchi (pur non essendo più solchi... ma qui lo sembrano molto) d'un bel disco.
La passione e l'onestà.
Hucknall, che ha fortemente voluto questo progetto, tanto da firmarlo col proprio nome, è il celeberrimo leader dei Simply Red, gruppo pop-soul nato e cresciuto nei mai troppo lodati ottanta, per tirare a campare meglio e più onestamente di tanti altri anche nei decenni successivi. La voce di Mick è sempre stata tecnicamente perfetta, intonatissima, estremamente espressiva, mai inutilmente gorgheggiante o autoreferenziale. Insomma: una voce bella e onesta, come bello e onesto è l'artista che l'indossa. E questo disco ne è un'ennesima e definitiva prova. Una prova possibile solo altrove, in lande più civili e oneste della nostra, dove anche il mostro del Mercato sa produrre ancora piccoli grandi capolavori.
La scelta, classica, per artisti di grido del passato, e con un presente dignitoso (diciamo che non siano costretti a partecipare a un reality, né come concorrenti ma neanche come giurati/presentatori...) sarebbe comunque stata quella di fare l'ennesimo disco dei Simply Red, con quel sound patinato, estremamente ben confezionato, cantabilissimo e comunque sempre piacevole. La scelta "autostrada", che sarebbe nata d'inerzia, sarebbe stata quella di fare un disco che non facesse pensare nessuno e desse piacere a tutti, maschi e femmine, musicofili e ascoltatori da auto o da doccia. Insomma, quello stile nel quale i Simply Red hanno sempre brillato come meritatissimi primi della classe.
Invece no: c'è chi ripete se stesso all'infinito (in Italia quanti ne abbiamo?) e chi decide di fare operazioni coraggiose, fuori dal tempo e dai tempi. Omaggi musicali come veri e trasparenti atti d'amore.
Basterebbe guardare il bel documentario allegato al disco, in dvd, e notare divertendosi gli occhi innamorati di Mick davanti a un vecchio (e un po' malconcio) Bobby Bland, che ricordano così tanto gli occhi devoti e quasi commossi di un'antica foto in bianco e nero che vede un giovanissimo Stan Getz di fianco al gigante Pres Lester Young.
Dunque: un disco di cover. Ma assolutamente un disco di cover intese nel senso migliore, ovvero quello di "puro atto d'amore" per l'originale. Niente cloni (quanto son patetici i cloni...?) ma neanche troppa filologia, se non quella che traspira da interpretazioni che trasudano amore e perfetta conoscenza degli originali.
Dunque cover innamorate. Ma non solo: anche perfettamente attualizzate. Ricordate l'omaggio di Clapton a Robert Johnson? Niente di più lontano. Questo non è un disco di blues soul puro. Qui il protagonista originale non si troverebbe a suo agio (pur avendo apprezzato moltissimo il progetto ed il risultato). Qui si ricrea l'atmosfera disperata e molto "soul" degli originali in una confezione moderna ma mai pacchiana. Non un ammodernamento fine a se stesso, tipico di certi altri dischi o di certi piatti di giovani folli e pretenziosissimi chef, ma un ammodernamento fatto solo di "modo di suonare" gli strumenti.
Il disco, infatti, è "suonatissimo". È un piccolo capolavoro di culto, interpretato da una voce perfetta e da una band impeccabile. Arrangiato da stradìo. Profuma di Simply Red per forza di cose, ma senza sapere di "già sentito". E, soprattutto da l'impressione, già dalla prima nota, del gioiellino. Poco più di trentasette minuti d'assoluta perfezione.
In Italia? ...chissà... per come vanno le cose attendiamo i grandi classici di Villa interpretati dalla voce di Bocelli e dalla chitarra di Britti... Ciascuno, evidentemente, ha lo scenario che si merita.
Elenco e tracce
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