Legnano (MI), 14 maggio 2005.
Quattro ragazzi di Varese armati, fra l'altro, di banjo e wurlitzer. Presentando dal palco del Jail il nuovo "Whatever You Bring We Sing" in uscita a giugno per Homesleep (così come l'esordio del 2002, "Town And Country"), ci regalano musica preziosa, che si nutre della migliore tradizione folk nord-americana e la reinterpreta con la sbilenca freschezza dei (poco più che) vent'anni.
A fine chiacchierata io e l'esimio collega barry raggiungiamo nel backstage Matteo Gambacorta, squisito portavoce del gruppo, per una piacevole chiacchierata che tentiamo di sintetizzare nelle famose 5 domandine.

Siete molto affiatati sul palco, immagino siate molto amici: come sono nati i Midwest?
Sì, ci conosciamo dai tempi del liceo, avevamo qualche esperienza in comune in varie piccole band e poi, grazie alla nostra passione condivisa per il folk, ci siamo ritrovati insieme, e dopo un po' abbiamo fatto un demo che per nostra fortuna alla Homesleep è piaciuto. E adesso ci troviamo davvero bene a lavorare con loro.

Non dev'essere facile trovare in Italia amici che condividano una passione del genere... in effetti siete un caso piuttosto singolare nella scena italiana.
Beh sì, forse i Franklin Delano posso essere accostati al folk, seppure con uno stile molto diverso (più solari e "dreamy" i Midwest, più notturni e "post-rock" i loro compagni di label, giusto per non affibbiare etichette, ndr). D'altro canto c'è da considerare che al giorno d'oggi la diffusione della musica, come di qualsiasi cosa, è molto più ampia. Io stesso, da piccolo, ho iniziato ad ammirare il folk e la psichedelia americana anni '60-'70 grazie soltanto ai dischi dei miei genitori, oggi invece le possibilità sono di più. Da Varese posso conoscere un artista sotterraneo tedesco, un canadese può sentire quello che facciamo noi, eccetera. Lo scambio di culture e sensibilità è molto più agevole rispetto a una decina di anni fa, e questo penso che sia un bene, sia per chi ascolta che per gli artisti emergenti; guardate per esempio i nostri bravissimi Jennifer Gentle che hanno firmato per un'etichetta come SubPop.

Da questa anteprima live, il disco sembra proseguire nella linea di "Town And Country"; con ovviamente una maggiore consapevolezza dei vostri mezzi. Direi che potete essere soddisfatti del nuovo lavoro.
Sì, lo siamo, molto. Abbiamo lavorato veramente duro sugli arrangiamenti e credo che sia venuto fuori qualcosa di ancor più particolare rispetto al primo. Il problema delle esibizioni live è che non possiamo riprodurre questi arrangiamenti. I suoni sul disco sono praticamente solo acustici, ma dal vivo probabilmente è presto perché riusciamo a renderli al meglio. Per esempio in Warmed By The Coming Season ci sono anche gli archi ma sul palco siamo in quattro e dobbiamo rinunciarvi (ciononostante l'esecuzione del pezzo, il più lento del disco, era davvero intensa ed efficace, ndr).

A proposito di arrangiamenti, come nasce una vostra canzone?
In genere io o qualcun altro porta un'idea di melodia e struttura, poi sugli arrangiamenti lavoriamo sempre insieme.

Quali sono i tuoi musicisti preferiti? Con chi ti piacerebbe lavorare?
Ce ne sono tanti... se devo fare un nome dico i Califone, che forse sono la nostra influenza maggiore, inutile nasconderlo. Anche Mark Linkous lo abbiamo apprezzato tantissimo, specie nel primo album.

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