"Qualche volta un giornalista veniva da me e mi diceva che non pensava ci fosse un bianco che sapesse suonare veramente bene il blues, i bianchi non potevano aver vissuto le stesse esperienze di vita dei neri. Io lo guardavo in faccia e gli rispondevo che forse non aveva mai sentito gente come Mike Bloomfield suonare..." Come dare torto ad un gigante del blues come Buddy Guy nel descrivere con poche e decise parole uno dei più grandi interpreti bianchi del genere? Bloomfield rappresenta tuttora uno dei più grandi bluesman che siano mai esistiti, pioniere del blues revival di inizio anni '60 e finissimo chitarrista, dal tocco vellutato e straordinario, capace di influenzare schiere di musicisti come lo stesso Eric Clapton che lo definì "il blues su due gambe".

Michael nacque nella "Windy City" nel 1941 da una ricca famiglia ebrea, un ambiente molto diverso dalle umili origini dei maestri del blues, lontano dalle campagne del Mississippi, dalle baracche e dai campi di cotone, dal sudore e dalla fatica patita dai suoi eroi musicali di sempre, come Waters, Wolf o King. Il ragazzo non aveva nessuna intenzione di seguire le orme di suo padre e fin da giovane si allontanò da casa per seguire la sua passione più importante, suonare la "musica del diavolo", impararne i segreti e crescere come musicista. Iniziò da giovane a frequentare il South Side di Chicago, andando a sentire i grandi bluesman nelle bettole più malfamate e misere della città, imparando malizie e segreti della sua musica preferita direttamente da loro, partecipando con gli stessi artisti neri a jam session che lo fecero crescere molto, sia come uomo che come artista. La sua fame di musica lo portarono a imparare velocemente e la sua carriera iniziò molto presto, facendo un'audizione per il famoso produttore-talent scout della Columbia Records, tale John Hammond, che tra l'altro lanciò qualche anno prima lo stesso Bob Dylan. In quest'opera si può sentire il giovane Bloomfield suonare la sua prima canzone registrata di sempre, "I'm A Country Boy", delizioso blues tradizionale che gli fece ottenere un contratto con la casa discografica nel lontano 1964. Da qui in poi la scalata verso il successo fu veloce; Dylan notò suonare il giovane musicista e lo volle nelle sessioni di registrazione del suo forse più grande album, "Highway 61 Revisited", dove Mike diede un grandissimo contributo con la sua Telecaster nella creazione di pietre miliari della musica come "Like A Rolling Stone" e "Tombstone Blues", qui su disco in versione strumentale, per sottolineare il grande lavoro di chitarra del nostro. Partecipò inoltre al celebre Newport Folk Festival del 1965 con Dylan, esibizione rimasta celebre per la dura contestazione da parte dei puristi del folk nei confronti di Dylan e della sua svolta elettrica, iniziata proprio su quel palco.

 La celebrità arrivò con la Butterfield Blues Band del dispotico e orgoglioso Paul Butterfield, il quale inizialmente non lo voleva nella band. "The Paul Butterfiled Blues Band", il loro album d'esordio, qui è rappresentato con vari brani, soprattutto cover dei grandi artisti neri come Dixon, Waters ed Elmore James, rielaborate e rivitalizzate dalla cura elettrica dei giovani musicisti di Chicago. Splendide sono le versioni di "Born In Chicago" e di "Blues With A Feeling", blues brucianti ed efficaci, dove la chitarra del giovane si intreccia bene con il lavoro all'armonica del leader della band. Da brividi la successiva "East-West", forse la migliore testimonianza della grandezza di Mike come musicista. Il brano, vero e proprio raga-blues di una dozzina di minuti, si snoda verso territori inesplorati fino ad allora. Sulla base ritmica potente ed ipnotica della band Bloomfield si prende la scena e improvvisa un blues venato di psichedelia e ritmi indiani potente e preciso, ossessivo e pulsante, vero e proprio capolavoro senza tempo. Finita l'esperienza con Buttefield, il chitarrista entra a far parte della blues-soul band "The Electric Flag" con l'amico di una vita Nick Gravenites, con il quale crea un grande album, "A Long Time Coming" del '68, qui testimoniato da brani come la rivisitazione del classico "Killing Floor"e di "Texas", blues venato di soul composto da lui e dal batterista Buddy Miles, futuro membro della Band of Gipsy di Hendrix.

Molti brani sono presi da un altro capolavoro degli anni '60, "Supersession", disco di grandissimo spessore nato dalla collaborazione del chitarrista con il suo grande amico Al Kooper, conosciuto ai tempi della collaborazione con Dylan. "His Holy Modal Majesty" e "Stop" racchiudono in loro tutta la bravura e la perfezione, il talento e la classe del musicista, qui libero di variare ed improvvisare a suo piacimento; si sente che il blues gli corre nelle vene, i suoni della sua chitarra sono straordinari e rappresentano chiaramente la passione del nostro per la musica del diavolo. Peccato che Bloomfield non riuscì a terminare il disco; fece solo un lato dell'album e fu costretto a lasciare gli studi di registrazione, a causa di importanti problemi di salute causati da una grave forma di insonnia permanente che ne minarono salute e carriera. Mike non si fece mai curare bene, cercò di risolvere da solo i suoi problemi di salute iniziando ad abusare di farmaci e droghe, diventando l'ombra di se stesso. Continuò a collaborare con Kooper con vari live e concerti ripresi poi nello splendido album "The Live Adventures of Mike Bloomfield and Al Cooper", qui testimoniati dalla splendida cover di "59Th Street Bridge Song (Feeling Groovy)" di Simon & Garfunkel, "The Weight" della Band e dell'originale "Fat Grey Cloud", che ben rappresentano le virtù dei musicisti.

Ottime ed interessanti sono le rarità contenute nel terzo disco intitolato "Last Licks", dove troviamo il musicista collaborare con tutti i più grandi dell'epoca, come Muddy Waters e Janis Joplin (One Good Man è eccezionale), più brani tratti dai suoi album solisti e dalle collaborazioni con i vecchi amici di Electric Flag e Butterfield Blues Band. Da sottolineare anche la versione live di "The Groom Is Still Waiting At The Altar", dove nel 1980 Dylan chiamò sul palco Mike durante un concerto. Grande brano, elevato anche dalla classe pura del musicista di Chicago, qui in versione super.

Purtroppo con l'inizio degli anni '70 la sua salute psico-fisica si aggravò ulteriormente e questo influenzò ulteriormente la resa del musicista, sempre più occupato a combattere contro i propri demoni che lo tormentavano da anni. Inizia a frequentare feste, persone poco raccomandabili, abusare di droga, alcol e sedativi che lo rendono l'ombra di se stesso e che lo porteranno alla morte, nel 1981 a San Francisco, dove fu trovato senza vita, disteso sui sedili della sua auto. Una grave perdita per la musica, per il blues. Molti artisti continuano a vedere quel timido ragazzo di città come loro ispiratore, come genio della chitarra, e questo è ben testimoniato dal dvd contenuto in questo cofanetto, intitolato "Sweet Blues", ottima testimonianza della vita di un'artista eccellente, che ha contribuito a diffondere la dottrina blues nel mondo. 

Carico i commenti... con calma