''Smallcreep's Day'' è il primo lavoro del bassista dei Genesis, Mike Rutherford. L'album, risalente al 1980, si presenta come un solida e ben riuscita miscela tra progressive e pop d'alta classe.

Il tema principale è l'alienazione dell'operaio, causata principalmente dall'introduzione della robotica sul posto di lavoro. Rutherford infatti prende ispirazione dal romanzo ''Smallcreep's Day - Una surreale satira sull'automazione'' (del '65) di Peter Currell Brown: è la storia di Mr. Nobody, cioè del classico Signor Nessuno, che lavora instancabilmente in catena di montaggio per anni ed anni. I giorni, tutti uguali e monotoni, sono allietati solo dai suoi sogni d'amore. Finché, in un momento di introspezione, il nostro antieroe si chiede quale sia il reale scopo della sua attività quotidiana... e per far ciò inizia il suo viaggio fantastico e surreale nei meandri più oscuri della fabbrica.

La line-up è composta da musicisti di prim'ordine: l'ideatore dell'album, Mike Rutherford, lo vediamo impegnato col basso e con le chitarre. Le tastiere vengono affidate all'ex Genesis (lo avevamo apprezzato in Trespass...) Anthony Phillips, che nel frattempo si era creato la sua nicchia di estimatori con album del calibro di ''The Geese And The Ghost'' e ''Wise After The Event''. Anche i poco conosciuti Noel McCalla e Simon Phillips, rispettivamente cantate e batterista, svolgono egregiamente il loro ruolo.

Ora passiamo ad esaminare le tracce...
L'omonima suite (lunga circa 25 minuti), sulla versione CD, è stata divisa per comodità nelle sue sette componenti. La prima che troviamo si intitola Between The Tick And The Tock, un pezzo lento. Il ritmo pacato ed ipnotico scandito dalla combinazione tra organo e synth, e la voce di McCalla arricchita da un effetto eco, ci fanno entrare in un mondo quasi sacro. Infatti il nostro Mr. Nobody vive per il lavoro... ed al lavoro dedica la vita, come se fosse una religione. Tuttavia il suo impiego è sempre lo stesso: l'infinito ticchettio dell'orologio, citato dal titolo, parla chiaro. Segue la più effervescente e ritmata Working In Line, chiaro riferimento alla catena di montaggio.
Un piccolo momento di paura e di ristoro è rappresentato da After Hours, breve strumentale, che vede la fortissima impronta di Anthony Phillips in fase di scrittura: l'atmosfera è sognante. . . un bel sogno prodotto, più che altro, dallo stordimento dovuto alla fatica. Ciò ci introduce appieno nel viaggio fantastico. . . Cats And Rats (In This Neighbourhood) è indubbiamente il pezzo forte dell'intera suite. Risulta magistrale sia nella musica che, soprattutto nel testo: versi come il visionario < < I'm a no-man in a no-man's land> > e l'assurdo < < Cats and rats in this neighbourhood / Look different to me> > non possono far altro che andare dritti al cuore.
Il cammino prosegue con la composizione per sola tastiera Smallcreep's Alone. La parola chiave è appunto ''alone'', cioè ''solo''. Ciò dà origine ad un curioso paradosso (forse nemmeno voluto da Rutherford e soci). . . infatti il protagonista, il signor Nessuno, è solo. . . ma a questo punto, facendo un semplice accostamento, si può creare la frase ''nessuno è solo'' (e ciò si riconduce ai sogni d'amore del protagonista, descritti da P.C. Brown). Strumentale è anche la seguente Out In The Daylight, che presenta una delle migliori partiture di basso suonate da Rutherford. La dolcissima ed atmosferica At The End Of The Day chiude nel migliore dei modi la suite... gli ultimi trenta secondi in ''dissolvendo'' ci fanno capire che il sogno è finito.

L'altra metà del disco è composta da singole canzoni, che si allacciano solo vagamente al tema del lavoro fino ad ora citato.
La prima che troviamo è Moonshine, un prog-rock pulito e lineare, che si lascia ascoltare con facilità. Time And Time Again, è l'altro capolavoro del LP. Si tratta infatti di un'eterea ballad (dove compare anche il pianoforte) che rappresenta uno dei punti più alti dell'improbabile commistione tra pop e progressive.
Di buon livello, anche se non assolutamente indispensabili sono le successive Romani ed Every Road.
La chiusura è invece affidata ad un altro pregevolissimo pezzo: Overnight Job è potente, dal piglio quasi hard-rock, e può vantare una delle migliore performance di McCalla.

Per concludere mi vorrei scusare per l'eccessiva lunghezza di questa recensione... tuttavia la quantità di emozioni che sprigiona quest'album è tale da rendere impossibile un'ulteriore sintesi.
Spero che anche voi, al più presto, possiate apprezzare quest'opera.

Voto massimo e lode per questa perla ingiustamente caduta nel dimenticatoio.

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