Primo disco: capolavoro.

Secondo disco: capolavoro.

Terzo disco: capolavoro (in questo caso da gridare al miracolo).

Quarto disco: (mezzo) capolavoro.

E "Ultraviolet"?

Atteso per anni, sopratutto dal sottoscritto, che ha amato alla follia questa band e ne ha tratto ispirazione massima per la propria musica, un disco che ha visto il ritorno di quel cantante tanto decantato (giustamente) su "Of Malice and the Magnum Heart", primo capolavoro (appunto) della band, mi dicevo tra me e me che non poteva essere altro che un altro, appunto, capolavoro.

E invece purtroppo, no.

Produzione stellare, canzoni ben strutturate, potenza, melodia, una voce importante, sembra esserci anche un pezzo di cuore all'interno del disco, simbolicamente parlando: cos'è quindi che non ha funzionato per i Misery Signals questa volta?

Il voler copiare sè stessi.

Il disco rappresenta più un gruppo che li scimmiotta che un vero passo in avanti: le canzoni sono stantie, te le dimentichi subito, forse con l'eccezione di un paio di pezzi al massimo, mancano hit vere e proprie come potevano essere "A Certain Death" e altre ("The Failsafe"... etc.), manca la cattiveria e la potenza oscura perfino dell'ultimo, controverso ma bellissimo, album, insomma manca quell'X Factor che sembrava impossibile negare ai 5 alfieri del Metalcore tecnico che tanto amavo.

Avrei di gran lunga preferito un disco sperimentale come il penultimo "Absent Light", o forse anche di più, un "Roots" trasportato nel mondo dell'hardcore, che il classico compitino da accordi aperti, bordate Djent/Core, e arpeggini sognanti fino ad un certo punto, privi di quella magia che ha rappresentato la band.

Forse col tempo cambierò idea.

Ahimè non credo.

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