Io lo so che voi non volete bene a Moby. Attivista, fervente cattolico e vegano convinto: Moby è in definitiva l'anti-rockstar per eccellenza, la pervicace morale di un pretino di campagna, la querula voce che annuncia il ritardo di un treno in stazione, la replica della replica di una serie tv mal doppiata che nessuno ha mai visto e va in loop sullo schermo di una hall di un aeroporto. Lo so che non gli volete bene, ma oggi dovete dargli una chance dimenticando le consumate trame techno-gospel di "Play", le sciatte derive commerciali di un "Hotel" o le blande costipazioni in salsa dance di "Last Night": voi dovete partire dalla Serie B. Dovete partire dal calcio di provincia, dal mucchio selvaggio per un posto per i play-off, dal Cittadella che da vent'anni cerca una clamorosa promozione in A, dai grandi bomber capaci di fare sfracelli in cadetteria senza sapersi ripetere sul palcoscenico della prima serie, da "Mister 135 gol" Stefan Schwoch a Cosimo Francioso bomber dei Grifoni, da Edoardo Artistico a Marco Sansovini del Pescara di Zeman.
Dovete partire dalla primavera del 2000, quando esce un'inattesa quanto apparentemente innecessaria appendice al successo planetario di "Play", un album che non fa mistero di essere quello che è, ovvero la raccolta dei B-sides che non avevano trovato posto nell'illustre predecessore. Ora, questo lavoro del musicista newyorkese, con una certa malizia, lo si potrebbe considerare per certi versi anche migliore del decantato "Play", sicuramente più sincero, meno ruffiano e senza alcuna pretesa di dover per forza proporre il pezzo commerciale alla stregua di un "South Side" con la Gwen Stefani di turno, quasi interamente strumentale e sì, alla fine ben rappresentativo dell'onesto mestiere di compositore ambient che Moby ha sempre praticato con ammirevole applicazione. Le cose migliori? Gli strumentali come "Flying Foxes", "Summer", "Flying over the Dateline", "The Sun Never Stops Settings" con il crescendo minimalista che richiama gli schemi del sottovalutato "Ambient" del 1993. Ma soluzioni più squisitamente "à la Play" come "Flower" non si fanno disprezzare al pari di incursioni nella disco music come "Running" sicuramente più care al periodo di "Everything is Wrong" del '95. Certo ci sono lungaggini e qualche passaggio a vuoto ("Whispering Wind" dura un paio di minuti di troppo e "Sunspot" forse è qualcosa di cui avremmo anche fatto a meno), ma la sensazione complessiva è quella di un lavoro in cui, alla stregua di una lega di un campionato di Serie B dove tutte le squadre si danno filo da torcere a vicenda senza avere nulla da perdere, paghi l'onesta dichiarazione di intenti di voler proporre un disco che non ha alti e bassi, ma che si limita a proporre una briosa sequenza di piacevoli strumentali per un'ora scarsa di gradevole elettronica da camera.
E quindi dategli un'ultima chance. Dategliela perché questo disco suona proprio come quelle domeniche pomeriggio un po' sbiadite al ritorno dalla consueta gita fuori porta in una masseria sperduta dell'entroterra, con l'autoradio che gracchia in mezzo alle gallerie per poi riemergere all'uscita di una mulattiera, con Ezio Luzzi da "Tutto il calcio minuto per minuto" che magnifica l'ultima prodezza di Gianni Comandini, di testa, al volo o in rovesciata, dopo essersi involato tra le strette maglie di un paio di picchiatori di provincia mentre il sole non finisce mai di tramontare.
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