Punk Rock.

La prime parole che si ascoltano nel secondo lavoro degli scozzesi Mogwai sono appunto: Punk Rock

E' Iggy Pop a parlare, a cullarci in queste dolci ma tristi note. Facendo una piccola ricerca scopro che la registrazione risale al 1977 (ovvero l'anno di uscita di The Idiot, quello che forse è il più importante disco di Iggy Pop, ma questa è un'altra storia...)

Dopo la loro magnifica opera prima gli scozzesi Mogwai tornano in pista 2 anni dopo con un album del tutto fuori da ogni aspettativa.

Come già detto in precedenza i primi suoni che si avvicinano alle nostre orecchie sono dei suoni dolci ma molto malinconici, e fin qui nulla di nuovo verrebbe da dire. Ma andando avanti con l'ascolto del secondo brano ci si rende conto che qualcosa è seriamente cambiato...

niente più distorsioni (con le dovute eccezioni per alcuni brani del disco, soprattutto nella seconda parte del disco), niente più stacchi violenti, niente più silenzi che si sovrappongono a rumori e viceversa, la linea seguita da questo disco è continua e fino alla fine e l'ascoltatore non riceverà scossoni ma al contrario rimarrà statico nella sua tranquillità e malinconia.

Parte il secondo brano, un brano cantato... strano per i Mogwai visto che fino ad allora nei loro brani a parlare erano solo registrazioni vocali non provenienti dal complesso stesso. Parte Cody, quello che forse è il brano più intimo e malinconico del disco, un ammaliante melodia cantata accompagna l'ascoltatore giù nei luoghi più profondi della sua anima cullandolo senza farlo mai cadere.

Ma lascia spazio anche per un'altra questione, difatti Cody è anche un dolce atto d'amore verso la musica, un atto d'amore profondo che sancisce l'alleanza uomo-musica, un'alleanza che accompagna ogni essere umano durante la propria vita... proprio come un vecchio amico.

"Old songs, stay till the end.

Sad songs, remind me of friends."

E' il momento di Helps Both Ways, brano dagli echi 'slintiani' sia per l'armonia dettata dalle chitarre sia per il temperamento ritmico della batteria. I Mogwai si trattengono, rimanendo lucidi e senza cadere mai nel malinconico come avveniva nella precedente Cody.

Le chitarre sembrano avere anima propria e sembrano comunicare qualcosa, qualcosa che però si completerà con il seguente brano strettamente collegato al precedente ovvero: Year 2000 Non-Compliant Cardia.

Con questo brano (ma anche con il precedente seppur in maniera minore) i Mogwai si aprono all'elettronica sfoderando durante il brano degli schizzi provenienti da alcuni sintetizzatori.

L'atmosfera del disco cambia ancora rimanendo però sempre con i piedi per terra, (dopo l'esperienza catartica di Cody) ripartendo dalle consuete voci 'fuori campo' registrate i Mogwai ritornano a delle sonorità che ricordano vagamente il loro precedente Young Team (in particolare si notano a tratti delle somiglianze con il brano Like Herod, ma come già detto in precedenza senza proseguire con le consuete scariche di batteria e distorsioni tanto care al complesso scozzese).

Year 2000 Non-Compliant Cardia si chiude lasciando aperta la parentesi dell'elettronica, è ora il turno di Kappa, brano che dopo un breve incipit chitarristico solenne e silente lascia spazio ad alcune note terribilmente tristi suonate da un pianoforte, e immediatamente tutti gli strumenti si accodano a lui (si ascolta in lontananza persino una leggera distorsione ed una chitarra in feedback).

Calma.

Tutto ritorna alle origini e dei lievi armonici ripristinano la calma apparente che tanto aveva caratterizzato fino ad ora il disco.

Se dovessi donare un aggettivo al brano che segue userei il termine 'Dolce'.

Waltz for Aidan, che parte con il consueto intro a là Slint (Washer) si rivela poi un dolcissimo canto chitarristico che allieta lo spirito dell'ascoltatore e gli rimbocca le coperte con quei lievissimi armonici naturali. Ci troviamo di fronte ad uno dei brani più dolci dei Mogwai, ma allo stesso tempo ad uno dei brani più malinconici del complesso scozzese.

Il disco procede con la lunga e profonda May Nothing But Happiness Co, la ricetta è la medesima attuata fino ad ora nel disco ma con questo brano ritornano i tempi lunghi molto cari ai Mogwai.

Uno degli scossoni del disco risiede proprio a metà di questo brano, tutti gli strumenti si avviano verso un turbinoso crescendo rimanendo comunque nel proprio posto senza mai alterarsi del tutto, i suoni delle chitarre si fanno meno limpidi ma mantengono ancora per poco un suono pulito.

Fino ad ora Come on die young ha mantenuto un flusso continuo, una linea continua che non ha mai tradito l'ascoltatore, ma con l'avvento di Oh! How The Dogs Stack Up qualcosa cambia.

Il corto brano presentatoci risulta agire un po' da spartiacque tra i brani precedenti e gli ultimi quattro che andremo ad ascoltare. Difatti Oh! How The Dogs Stack Up con il suo pianoforte graffiato spezza un po' l'enfasi che brani come Kappa o Cody avevano creato nell'ascoltatore.

Ed ecco avviarci ormai a quella che sarà la fine del disco, con Ex-Cowboy i Mogwai compiono in maniera sapiente ancora una volta un passo indietro marciando sui vecchi territori di Young Team.

Il basso diventa protagonista del brano e in vari punti del brano sarà l'unico strumento a parlarci, anzi forse sarebbe più corretto utilizzare il verbo 'sussurrare'. E' questo che fa, ci sussurra parole che saranno completate poi delle dolci note delle chitarre.

Silenzio.

Ripresa.

Si parte verso un vertiginoso crescendo che ricorda molto quello che poi faranno negli anni a venire i giapponesi Mono. Con leggere distorsioni e continui schizzi elettronici il disco sembra graffiarsi, sembra venir lacerato da questo ensemble sonoro che ormai sembra potersi non fermare più.

E non mi sbagliavo riguardo quanto detto sui Mono, difatti proprio verso la fine del brano si ascolta una dolce melodia che il complesso giapponese utilizzerà nel brano The Battle of Heaven.

Con la seguente Chocky i Mogwai sembrano tornare bambini per un attimo (un attimo lungo all'incirca 9 min.) e sembrano voler giocare a nascondino con gli strumenti. Partendo da alcune note di pianoforte “disturbate” da diversi feedback emerge fuori una chitarra paragonabile ad un bambino che cerca di nascondersi durante una partita a nascondino. A scandire il tempo di questa lunga partita c'è il consueto pattern ritmico incalzante ma allo stesso tempo lento che permette al nostro “bambino” di poter correre per poter arrivare al punto d'arrivo per vincere la partita. Ma a noi non è dato sapere se vincerà questa partita, perchè i Mogwai la interrompono sul più bello con Christmas Steps, una ninna nanna disturbata da un presenza inquietante che marcia verso quel bambino che cerca d'addormentarsi.

Ancora una volta, in maniera più forte gli echi 'slintiani' ci fanno compagnia in questa corsa forsennata verso il nostro punto d'arrivo... ed ecco che ritorna per brevi momenti il nostro bambino che gioca a nascondino. Per la prima volta nel disco le distorsioni si fanno sentire, e quando decidono di farlo prendono in mano il brano facendo vacillare la mente dell'ascoltatore che fino ad allora aveva ricevuto solo dolci e rari scossoni.

Siamo ormai alla fine di questo di questo lungo scherzo, la ninna nanna volge al termine e il nostro bambino probabilmente è giunto nel punto deciso per vincere il gioco... e un dolce violino ci annuncia la conclusione effettiva del disco.

Ed è con Iggy Pop che i Mogwai chiudono Come on die young, di nuovo con Punk Rock, ma questa volta suonano dei fiati, e sembra quasi di assistere ad un funerale in Punk Rock/Puff Daddy/Antichrist.

Ricomincia così il ciclo, le trombe non suonano più.

Tutto è fermo, solo le dolci note di una chitarra sanciscono la fine (ma anche l'inizio) di questo disco solo formalmente volto al termine.

I Mogwai sono ancora lì, in attesa che qualcuno clicchi di nuovo il pulsante play per (ri)partire con Punk Rock.

E il nostro bambino è pronto per fare un'altra partita, aspetta solo noi.

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