Se è vero, come sosteneva uno dei suoi principali interpreti, che il Tango è "pensiero triste che si balla", la Bossa nova potrebbe essere definita ballo che si trasforma in poesia, movimento del corpo che diviene inesorabilmente riflessione, contemplazione. Essa è musica popolare che si alimenta di immagini realistiche, di paesaggi tropicali tra Corcovado e Capocabana, di sentimenti forti e semplici che, però, nelle mani di grandi musicisti come Antonio Carlos Jobim, di sensibili spiriti come quello di Vinicius de Moraes, danno vita ad un mondo ideale, quasi metafisico, fatto di tinte tenui, dove non c'è spazio per le gioie urlate, per sensazioni al diapason; tutto è soffuso, ovattato. Certo, in questo universo c'è spazio per la felicità come per il dolore, ci sono il piacere sensuale e le "infinite tristezze", ma essi sono comunque messi in rapporto alla caducità della vita, all'eternità, al Tempo, solito grande scultore. Ciò non produce inazione, immobilismo, la Bossa nova è anche desiderio irrefrenabile di vita piena, ma tutto è visto con un certo distacco, disincanto, ammantato da una "malinconia nostalgica", la famosa saudade, prodotta da questo struggimento, da questa consapevolezza. A rendere ancora più credibile e desiderabile questo "ideal new world" è la perfetta corrispondenza tra forma e contenuto, tra musica e testi, un connubio che ha pochi eguali.

Per prendere contatto l'anima di colui che fu uno dei fondatori, il vero teorico di questa filosofia esistenzial-musicale, Jobim appunto, e per tentare di dare una rilettura ammirata ma non ossequiosa, rispettosa dello spirito ma non troppo filologica di alcune delle sue composizioni, un manipolo di valenti musicisti, guidato dai coniugi Morelenbaum, vocalist lei, violoncellista lui, e dal pluridecorato generale nipponico Ryuichi Sakamoto, eroe di mille battaglie, si è spinto fino all'uscio della villa del compianto Maestro, trovando calorosa accoglienza da parte della sua famiglia. L'album, che non poteva che essere intitolato "Casa", è stato registrato in cinque giorni proprio nell'abitazione di Rio de Janeiro dei Jobim, luogo storico dove hanno visto la luce tante delle sue lussuose composizioni. E il piano che suona l'ispirato Ryuichi è proprio quello attorno al quale è sorta quella sorta di Arcadia brasiliana tra la fine degli anni '50 e l'inizio dei '60, che vedeva tra i suoi adepti Joao Gilberto, Vinicius, Elisete Cardoso, Sylvia Telles.

I quindici brani scelti dai nostri evitano gli evergreen più scontati, come "Garota de Ipanema". Per questa allegra seduta spiritica si sono scelti percorsi meno battuti, brani forse meno conosciuti, ma più capaci di rendere possibile quest'incontro di sensibilità nostalgiche. In quasi tutti non c'è molto di più che la voce dolce e sensuale di Paula, già vocalist con il gruppo di Jobim stesso, il violoncello di Jaques, già arrangiatore di Veloso, e il piano del buon Sakamoto, se non il basso e la viola suonata da un rampollo della famiglia ospite, Paulo. Questa essenzialità, questo diverso approccio conferiscono ai brani una nuova luce, li avvicinano forse più alla classica, alla musica da camera che agli standards del jazz. In particolare, il pezzo d'apertura "As Praias Desertas" oppure "Inùtil Paisagem" fanno pensare ad una credibile via debussyana alla Bossa nova, note rarefatte e lavoro per sottrazione. Anche "Vivo Sonhando" e "Bonita", brani più "leggeri", vengono sapientemente rallentati, accentuando il gioco di chiaroscuri grazie al violoncello di Jaques. Una segnalazione è d'obbligo per "Imagina", superbo duetto musical-operistico tra Paula e Ed Motta, artista vero ( segnatevi questo titolo "Dwitza", casomai ne riparleremo. . . ), forte come uno di quei misconosciuti fuoriclasse del campionato carioca capaci di dribblare l'intera difesa avversaria. Non mancano per i più tradizionalisti interpretazioni un po' più canoniche, ma sempre di altissimo livello, come "O Grande Amor" o "Sabià", con il "tocco" di Sakamoto in evidenza. Pare che uno strano uccello rimanesse appollaiato ad un albero di banano vicino villa Jobim, immersa in una vegetazione rigogliosa, durante tutta la registrazione dell'album. Accorreva non appena il famoso piano cominciava a suonare. Strano, ma non troppo: una vera "Casa" vive anche grazie ai suoi spiriti.

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