Brutta bestia (1) l'insonnia; ci sono ormai abituato, ci convivo da anni. Ed anche questa notte ne ho sofferto ma ne sono uscito rinfrancato, perchè nel mio vagabondare sul tubo in cerca di qualche novità musicale mi sono per caso imbattuto nel secondo disco degli inglesi Mountainscape. E' stata per prima cosa l'iconica immagine di copertina a catturare la mia "instabile" mente: un rarefatto paesaggio montano, immerso in colori che dal basso verso l'alto diventano più chiari, più lucenti, più algidi, mantenendo comunque un alone misterioso e sinistro, complice soprattutto quell'immagine sfuocata di una persona che avanza verso di te.

Come da mesi mi accade è il tanto amato Post-Rock strumentale a premiare la mia notturna ed assonnata, ma lucidissima, attenzione.

Brutta bestia (2) anche il Post-Rock strumentale. Non semplice da maneggiare; altrettanto difficile riuscire ad essere credibili in un genere musicale ormai inflazionato da decine e decine di band purtroppo "tutte uguali", tutte derivative senza un minimo di personalità.

Attirare l'attenzione dell'ascoltatore, essere credibili solo e soltanto con la padronanza degli strumenti senza usare la voce e le parole di un cantante è un'impresa a tratti ciclopica. Riuscire a trasmettere con le note del pentagramma le immagini che si ricavano da ogni singolo brano è un lavoro articolato, complesso e gli inglesi riescono nel proprio intento, almeno dal mio punto di vista. Questo, per concludere il mio lungo orpello introduttivo, è un album eccezionale che è riuscito a conquistarmi subito dal primissimo ascolto di questa notte.

Come sempre, visto la mia totale ignoranza dal punto di vista tecnico (non chiedetemi con quale tonalità sono accordate le chitarre o se la batteria propone tempistiche in quattro tempi o ritmiche spezzate), devo per forza di cose fare riferimento a qualche band che conosco da decenni alle quali i Mountainscape fanno sicuro riferimento.

Ed allora mi risulta molto semplice citare i Pelican per la circolarità dei suoni, i Russian Circles per i continui cambi di registro e di ritmo, passando da momenti ambient di una delicatezza infinita a scatti in avanti progressivi, dove la componente metallica del suono viene messa in prepotente evidenza. Come ultimo ma non meno importante riferimento, e questi consentitemi di scriverlo non mancano praticamente mai, citerei i compianti Isis grazie ad alcuni fraseggi strumentali con un chiarissimo retrogusto Dark..."chiarissimo retrogusto Dark" è bellissimo suvvia...ahahahahaha...

La lunga title track si erge come miglior brano del lotto: una prima fase dove tutto è trattenuto, dove i suoni sono dolci, campestri...ma si capisce che prima o poi avverrà il cambiamento...che arriva dal profondo, da lontano come uno tsunami che alla fine esplode con una violenza primitiva che sconvolge il mio animo. Una catarsi travolgente, una scarica di energia inusitata che arriva al momento opportuno ed in grado di non temere confronto alcuno con le band che ho appena citato poche righe sopra.

Ad Maiora.

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