Per poter sviscerare lo spirito di questo nuovo lavoro di Mr. Bill, ritengo doveroso esordire con una premessa.

Pubblicare un album nel 2021 significa aver fatto necessariamente i conti con l'esperienza del lockdown, aver saggiato la differenza tra il modello pre-pandemico e quello del faticoso "ritorno alla normalità". Un avvenimento così dirompente e pervasivo non può che lasciare più di uno strascico nelle pubblicazioni dell'ultimo anno e mezzo. Nello specifico, è interessante notare come chi più si è sentito scosso dalla condizione di isolamento abbia reagito in due modi diametralmente opposti. Da una parte c'è chi ha colto l'occasione per concentrarsi su se stesso, dall'altra chi ha voluto perseguire le collaborazioni con ancora più ardore. Ben lontano dal proposito di dimostrare la propria autosufficienza in ambito musicale – sfida che velatamente animava l'intimo sophomore di Hayley Williams, per fare un nome – Bill James Day si è gettato a capofitto nell'universo della cooperazione.

Il barbuto produttore, per la verità, ha sempre amato circondarsi di artisti dalla forte impronta personale e dal grande carisma, credendo nella possibilità di stupirsi a vicenda. Tuttavia questa è la prima volta in cui si ha la sensazione che l'essenza di un suo album sia rappresentata dal reciproco scambio di idee tra i collaboratori. Con ben nove tracce su quindici prodotte a più di due mani, "Phantasmagoria" è l'album più variegato ed apparentemente schizofrenico di Mr. Bill.

Il titolo è, come al solito, parecchio suggestivo. Questa volta il rimando è alla forma di teatro della fantasmagoria, che utilizzava la luce delle lanterne per proiettare immagini spaventose su una parete, le quali altro non erano che illusioni ottiche cui il pubblico era indotto a credere anche per mezzo di effetti sonori ed ambientazioni sinistre. Il significato del titolo è prettamente metaforico e si riferisce all'impossibilità per chi fruisce della musica di coglierne il significato originario.

Pur perdendosi nell'interpretazione del termine fornita dall'autore dell'opera l'elemento notturno, non è difficile scorgerlo in molte delle composizioni che popolano "Phantasmagoria". Il più fulgido esempio di ciò si ha con l'iniziale "Sad Pro", un'introduzione essenziale eppure incredibilmente evocativa, in cui ipnotiche linee di sintetizzatore si rincorrono in un crescendo inappagato. È solo un primo indizio di come l'album si muova su coordinate più ambient dei precedenti. Altre tracce di questa direzione sono riscontrabili nella doppietta finale "Gliitchake"/"Screening Pt. 2". Quest'ultima osa anche sul versante dei Foley: su un tradizionale tappeto pluviale, i glitch si frantumano in mille pezzi, delineando un paesaggio silvestre in cui svettano richiami di uccelli tropicali. L'esito più affascinante di questa corrente introspettiva si ha però con "Golden Gate", downtempo suggestivo in collaborazione con Sorrow.

Non sono solo i brani più ambient a puntare sulla relativa semplicità. "Pleasure Seeker" è paradigmatica, sembra uscita senza il minimo sforzo dalla penna (o meglio, dal computer) di Mr. Bill: beat lineare, sintetizzatori arpeggiati e melodia affidata a chop vocali meno processati del solito. Più sfuggevole "Pastel", un bozzetto che in ultima analisi fallisce nel tentativo di conciliare la dimensione emozionale con l'asciuttezza della componente ritmica (la sezione centrale del brano ricorda la sua "Vitality", da "IRL", del 2014).

Per il resto, è un gioioso trionfo del massimalismo, in cui spiccano le collaborazioni con sophro ed eliderp, giovani produttori che già avevano contribuito all'EP "Slapnea", uscito all'inizio di quest'anno ed interamente curato dal server Discord di Mr. Bill. "Titan" e "Slaptivism" mettono in luce le influenze riddim di quest'ultimo, andando ad infoltire il catalogo delle produzioni più "pesanti" di Bill.

Ugualmente vigorose sono poi l'esuberante cavalcata "Useless & Nasty", nel cui bridge melodico si riscontra il principale punto di affinità di quest'album con il precedente "Apophenia", e "Pasta Masta", che aggiunge sfumature dub alla ormai consolidata tavolozza del produttore australiano.

"Phantasmagoria" è una fotografia dell'ultimo anno e mezzo di Mr. Bill e come tale riflette i numerosi nuovi capitoli che si sono aperti nella sua vita, tra cui anche la nascita di un podcast a suo nome. Può inizialmente risultare fuori fuoco e deludere le aspettative di chi sperava in una più marcata evoluzione del suo sound dopo l'avvicinamento al jazz abbozzato in un paio di episodi del già citato "Apophenia" – è innegabile che quest'ultimo album sia più dance-oriented – ma sarebbe semplicemente sbagliato cercare una prospettiva in un disco che non pretende di essere altro che quello che è.

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