Contribuisco a sporcare a dovere l'homepage quest'oggi; con gli irreverenti Mudhoney. In attesa del nuovo lavoro che uscirà a fine Settembre.

Il successo mondiale e la diffusione planetaria di quel suono, nato dalla metà degli anni ottanta a Seattle e circondario, è merito di Nirvana, Pearl Jam, Alice In Chains e Soundgarden. Ma per quanto mi riguarda chi ha definito al meglio i canoni di un nuovo genere musicale (non ho mai usato il termine grunge che mi sta piuttosto sui maroni) sono senza ombra di dubbio i Mudhoney. Senza per questo mai beneficiare del meritato riscontro commerciale; anche se Mark Arm e Steve Turner, le due solide menti della band, se ne sono sempre altamente fregati di platee sterminate e di vendite altisonanti.

Fino a quando ci sarà un piccolo club, un sozzo scantinato disposti ad accoglierli, loro presenzieranno senza curarsi di acustica di qualità del suono ecc...Distorsore all'ennesima potenza, sudore, lerciume vario i tossici ingredienti di una storia in musica che ha raggiunto ormai i trent'anni di vita.

Dopo aver pubblicato nel 2000 la doppia raccolta antologica "March To Fuzz" ( che cazzo di titolo!!!) la band viene messa in un forzato riposo che dura un paio di anni; ma ecco nel 2002 il pronto rientro discografico segnato da importanti novità. Per prima cosa si accasano nuovamente presso la Sub Pop e presentano il nuovo bassista Guy Maddison che sostituisce il tagliaboschi Matt Lukin.

Non cambia di una virgola il sudicio ed abrasivo sound messo in piedi dai quattro.

Ironici ed irriverenti fin dal titolo dell'opera: la copertina è composta da una serie di lucidi messi uno al di sopra dell'altro in preciso ordine. Con il risultato finale di una sbilenca foto che ritrae il gruppo "fuori squadra e poco a fuoco". Una di quelle genialate frutto della mente balorda del cantante Mark.

La presenza di un atipico sax apre nel migliore dei modi il primo brano "Baby, Can You Dig The Light"; fuori dai loro normali canoni la durata di oltre otto minuti di questo Garage-Blues che si trascina obliquo e zoppicante fino al suo termine.

Per il resto mi par del tutto inutile segnalare altri brani. Ci troviamo di fronte a tutte quelle caratteristiche di un sound primordiale, che non conosce tecnicismi. Chitarre impetuose, fuzz, compresse, dirette. Sezione ritmica legnosa, viscerale, di dinamitardo impatto. E poi la voce, quella voce di Mark così tesa, graffiante, al vetriolo, cartavetrosa, che tracima di grezza sporcizia.

Degli animali da palcoscenico, con ancora radicata quella dissacrante carica Punk che ha sempre contraddistinto la carriera musicale dei Mudhoney, partendo da quel clamoroso singolo del 1988 che tutti voi dovreste conoscere...mi auguro.

...Fuck Me I'm Sick...

Diabolos Rising 666.

Carico i commenti... con calma