MUSEO ROSENBACH – Zarathustra

Aprite il cuore e le orecchie… si tratta di un disco del 1973, un'epoca in cui stava nascendo un genere di rock che avrebbe avuto successo in Italia ed in tutto il mondo, un genere che avrebbe influenzato i blasonati - ed un po' sopravvalutati - Dream Theater: il progressive, i cui "canoni" - se si possono chiamare così - erano stati definiti qualche anno prima da dischi fondamentali quali "In The Court Of Crimson King" dei grandissimi King Crimson, ma anche – cito a caso- il "salvadanaio" del Banco del Mutuo Soccorso ed i primissimi lavori della PFM.

Ma cosa rende talmente bello, particolare, originalissimo, questo disco sconosciuto ai più? ...una serie di circostanze, eventi dell'epoca, che lo fecero vergognosamente oscurare e censurare: oggi è diventato oggetto di culto e riscoperto da alcuni – all’estero - solo anni dopo. Un disco dai toni epici, quasi wagneriani, in cui spiccano le doti tecniche di un batterista (Giancarlo Golzi, futuro batterista dei Matia Bazar) veramente fuori dalla norma.

Abolita la forma"canzone" (strofa.ritornello.strofa.ritornello.bridge.ritornello), massicciamente presenti le tastiere ed il mellotron, abolito il 4/4, tempi quasi esclusivamente dispari: questi sono gli ingredienti fondamentali di un disco da avere assolutamente se amate le sonorità del Banco e degli Area. Anche se il disco può sembrare "vecchio" a qualcuno - in particolare il modo di cantare, tipico dell'epoca e che ricorda, seppur vagamente, quello di Demetrio Stratos ...

Il gruppo si è sempre detto fortemente influenzato dal Banco del Mutuo Soccorso dell’epoca, ovvero dal sopraccitato primo album e da "Darwin": il background musicale è anche quello del blues, di Hendrix, degli Who.
Impossibile prescindere dal contenuto dei testi, ispirati agli scritti di Nietzsche ("Così Parlò Zarathustra"), in cui l’eremita si ritira per anni su di una montagna per sfuggire alla mediocrità e l’ipocrisia degli uomini, ed al fine di ricostruire una nuova tavola dei valori.

Numerose furono le polemiche a causa della copertina nera, del collage con una foto di Mussolini in bella vista, ed dei riferimenti a Nietzsche. Infatti, in un'epoca fortemente ideologizzata come gli anni '70, in cui la stragrande maggioranza dei gruppi prog era dichiaratamente di sinistra (Area, PFM, Banco del MS...), ma in cui a onor del vero esisteva – ed esiste - anche una componente di rock "identitario" (janus), di estrema destra, i Museo Rosenbach vennero collocati in questa area politica: frasi come "vivo il superuomo" vennero tacciate (senza giusta causa) di apologia di nazismo... gli anni erano quelli di piombo, ed il filosofo tedesco era allora considerato un ideologo del pensiero reazionario – quando venne poi dimostrato che non era affatto così. D’altronde, il gruppo ha sempre dichiarato la propria estraneità dalla politica (dissero che la foto del duce era una "provocazione", mentre altre fonti affermano che fu fatta in un secondo tempo a loro insaputa…) meno che mai di destra. Sta di fatto che il museo non ebbe la possibilità di farsi conoscere al grande pubblico, anche se la partecipazione a festival con grossi nomi dell’epoca fu comunque massiccia.

Speriamo che oggi vengano riscoperti e rivalutati…

Formazione:
Alberto Moreno – basso, mellotron
Giancarlo Golzi - batteria
Marco Balbo - chitarra
Andrea Biancheri - voce
Marioluca Bariona – tastiera

"Come l’autunno il mondo vuol sfiorire, offre al cielo spade calpestando la lealtà". (Degli Uomini)

Elenco tracce testi e samples

01   Zarathustra a)L'ultimo Uomo b)Il Re Di Ieri c)Al Di La' Del Bene E Del Male d)Superuomo e)Il Tempo Delle Clessidre (20:49)

02   Degli Uimini (04:04)

03   Della Natura (08:30)

Cade quiete sulla notte, vergine nel proprio manto.
Tace il mondo e in lui rivive l'ansia e la paura che il silenzio con il suo vuoto riaccende, sospetto ed infido nel buio.
Il terrore, gravido com’è di magia fa tornare nella mente il volto della morte.
Vivo invece solo in questa realtà che forte pulsa nella corsa di una stella certa di poter tramontare e in un mare di fontane stanche, nella pace.
Credo e sento: questa è la libertà, un fiume, il vento e questa vita.
Il silenzio è il canto della vera poesia. Un bimbo nasce questa notte: sono io.
I miei occhi sono stanchi, sento ormai che dormirò. L’alba nasce dalla quiete, vergine nel proprio manto, vive e freme già.

04   Dell'eterno Ritorno (06:17)

Strani presagi accendono dubbi mai posti! Lego il mio nome alla vita, alla morte, alla gloria?
Purtroppo è destino che io non riceva alcuna risposta, se credo veramente in me.
Vita mi chiedi se io ti ho servita fedele; di fronte alla morte non ho reclinato mai il capo.
Nemmeno per gloria ho reso sprezzante o altero il mio viso.
Ho chiuso degnamente un giorno.
Ma in questo spazio in cui tramonto un altro giorno rinascerà
e Zarathustra potrà trovare le stesse cose qui.

Ma per quante volte ancora lo stesso sole mi scalderà?
Ma per quante notti ancora la stessa luna io canterò?
Non posso più cercare una via poiché la stessa ricalcherò.
Muoio, senza sperare che poi qualcosa nasca qualcosa cambi.
Ormai il mio futuro è già là, la strada che conoscerò porta dove l’uomo si ferma
e dove regna il Ritorno Eterno.

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