...sono d'accordo quando leggo di loro (e tante volte mi è capitato, negli anni) come di un indefinibile incrocio bastardo tra Sex Pistols e Captain Beefheart, ma a questa definizione non può che seguire un interrogativo - forse insolubile: è Rotten che arrangia Van Vliet o viceversa...? E possibile che tra i due (provo ad immaginarmi la scena e non è certo un bel vedere) non abbia messo bocca un Tom Herman...? Giudicatelo voi (o almeno, provateci: perché non è impresa da poco).

Bloomington, Indiana: lontani dall'America musicale più sponsorizzata, e anche lontani da ciò a cui - comunemente - si pensa quando si pensa all'Indiana (che non siano i Pacers o l'ovale delle 500 Miglia): Michael Jackson? John Mellencamp? Scordateveli. Piuttosto, due "dissociati" patologici con le sembianze di Rich Stim e Bruce Anderson avrebbero potuto avere cittadinanza onoraria nella Manhattan di quegli anni, e nessuno avrebbe avuto da ridire. Senonché, le circostanze li avrebbero portati a Ovest - Bay Area, ad essere precisi, per accasarsi alla Ralph e far compagnia a Residents, Tuxedomoon e ad un certo Philip "Snakefinger" Lithman. Ma la storia che questo disco racconta è una storia precedente. Precedente a quell'"Out Of The Tunnel" che qualcuno ricorderà (e che segnò il loro esordio per la storica etichetta di San Francisco).

Prima della Ralph gli MX hanno una storiella tutt'altro che indifferente. Fatta di un (forse acerbo) EP di presentazione dal titolo "Big Hits" e di questo primo long playing inciso per la Island. Un "duro attacco", senza dubbio, e quando già il titolo preannuncia alla perfezione i contenuti si ha a che fare con qualcosa di "serio" - abbiate a capirmi. Se poi i riferimenti dichiarati sono la danza moderna dei Pere Ubu e un certo "hendrixianismo" di ritorno sottoposto e adattato ai ritmi di un punk che nel '77 è già POST senza essere "punk" in senso stretto, allora le prime impressioni ci metteranno poco ad essere confermate. Metallici e psichedelici in egual misura (ma certo che si: si poteva essere psichedelici anche in quella fatidica annata, del resto anche i Chrome l'hanno dimostrato), gli MX mettono in mostra una delle proposte più radicali e "disturbanti" del periodo - prima ancora che Anderson, riciclatosi discreto solista negli '80, scrivesse due manuali gemelli di autentica "brutalità" per chitarra.

"Brutali", appunto, ma tutt'altro che monolitici e monotoni nella loro animalesca aggressività; persino vagamente filosofici - con Stim che, da sgangherato Kerouac di provincia, abbozza sconnessi pensieri di vita "on the road", come in "Man On The Move" ("you never really know what's gonna come up next / so you better look out / hey - e quanto sa di Jimi quell' "hey!" - LOOK OUT !!!").  Oppure dispensa istruzioni su come abbordare ragazzine minorenni alle feste (in "Kid Stuff") o ancora, disegna i tratti salienti di una "Summer of '77" che, a 10 anni di distanza, è più un'estate di pura violenza sessuale che di beato "Peace & Love" - tra il recitato e l'urlato. Mentre Bruce gli sta dietro con linee zig-zag di artigianale chitarrismo proto-metallico, che somigliano più ai sussulti del cervello di un nevrotico che a veri e propri riff. Cambi di ritmo, stop improvvisi ed "involuzioni" strumentali senza regola, foga ansimante e (in parte) inesplorati territori di isteria visionaria. Ascoltate l'inizio di "Tidal Wave" e ascoltate già i prodromi del grunge; in "Facts-Facts" si precorre il Cave primordiale (e "beefheartiano", non a caso) dei Birthday Party, e qua e là alla chitarra si mescolano squarci di sax (assai poco "ortodosso") dello stesso Stim. La sezione ritmica è DISARTICOLAZIONE pura, come in quella "You're Not Alone" che si colloca tra i vertici dell'opera tutta e parte al ritmo di un inseguimento spastico e sovente "inciampato" ("you can run you can run you can run, but you can't run away from me"), per poi sfociare/aprirsi in un monumentale/sognante solo di Anderson, e a quel punto nemmeno il Fripp dell'era-"Red" appare così lontano - estasi.

CAPOSALDO. 4,5 arrotondato.

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