1996. Stavolta gli MZ. 412 (ossia il solito, vecchio, onnipresente, e meno male, Nordvargr) escono con questo bell'album di furioso e dannatamente black-ambientemente-cattivo ambient-noise-(black)metal. La recensione è anacronistica, sono passati dieci anni, per cui ogni cosa può essere vista in virtù di scelte passate e percorsi e deviazioni future. Meglio.

Deklaration Of Holy War”. Il disco comincia con questo pezzo. Non si capisce nulla al di fuori dei battiti di un martellaccio a 8 bit strapompato che picchia contro un portone pixeloso (evidentemente un portone di cimitero, o un portone di una cattedrale, anch'essi pixelati ma dai colori decisamente attinenti con l'atmosfera pressante-eppure-snebbiata dell'album). Due voci. Maschile e femminile durante quello che sembra essere un esorcismo, o un rito satanico. Qualcuno mi dice che le due cose “sono la stessa cosa”. Mi fermo cinque minuti, vado a prendere un caffè.

Il vociare si fa concitato, nel mezzo dell'enfasi che ne deriva esplode persino un urlaccio “black” che prelude a sviluppi decisamente più cattivi. Senza togliere nulla al pezzo che naturalmente già si mantiene di suo ben tonico, incazzato e oscuro. Il tutto finisce in una specie di palude verde con rami putrefatti e nebbia. Molta nebbia. Eppure è una nebbia cattiva, tangibile. Quasi spigolosa. Continuiamo a camminare perchè più in là ci sono dei fuochi. Stavolta il suono è tamburellante. Da “falò guerrafondaio”. Come se un gruppo di invasati si fosse riunito in un bosco roccioso a fare un'indianata. Infatti sul finire qualcuno si accorge della nostra presenza e lo dice agli altri. Si diffonde un suono di eliche e ci conviene levarci dai coglioni e anche in fretta. Ma i tamburelli continuano a tamburellare. Per chi? Per Satana naturalmente.
Terzo pezzo. Un paio di rutti frullati al sintetizzatore ci introducono nel mezzo di un pezzo di vero black metal che farà felici i cultori del vecchio stampo. “Feasting On Khristian Blood”. Il testo parla ovviamente dell'importanza di distruggere i simboli della cristianità, di radunare un po' di forze demoniache per andare a fare baldoria facendo saltare un po' di teste (e teschi) e banchettare con l'immancabile sanguinaccio di maiale cristiano.

Quarto pezzo. Evidentemente l'episodio meno felice dell'album visto che sembra di essere in una discoteca medievale. Ai piatti Merlino (o il suo gemello cattivo), che ci delizia con una performance abbastanza standard di grattugiamento di polistiroli vari e sguinzagliamenti di eliche. Mando avanti. E infatti lo stesso brano si trasforma in una sorta di outro per un film sui cavalieri che hanno appena fatto ritorno al castello devastato da un branco di troll puzzolenti. Si noti lo sguardo del cavaliere capo, che incazzato a mille, prepara un piano d'attacco tutto dentro la sua mente. Intanto i condor sanno tutto. E si prepara una bella battaglia perchè il cavaliere capo sembrava parecchio incazzato. Quinta traccia. Ritorna una certa calma, ma è una calma esclusivamente fisica. Nel senso che camminiamo nuovamente nel fango mentre poco sopra di noi volano delle lamiere, piegandosi come fossero ali giganti. Un animale giagantesco deve essersi svegliato. Ruggiti a provenienti da una console a 16 bit e passati al sintetizzatore fanno presagire a qualcosa di terribile. Ma in realtà è tutto terribile. L'aria che respiriamo è terribile. Ci troviamo circondati dai serpenti, i nostri amici si girano verso di noi trasformati in mostri orripilanti. Una voce spiritata ci deride con cagnesco delay. Reminiscenze della discoteca medievale. Ma stavolta è diverso. Allora avevamo appena lasciato Satana con la promessa di reincontrarci in giro da qualche parte appena dopo il banchetto a base di sangue di cristiani; mentre ora siamo soli; e la canzone è finita.

Sesto pezzo. Una voce femminile ci dice che della gente si è scandalizzata sentendola parlare del fatto che ha bevuto del piscio, e che a dei ragazzini è stato fatto non so cosa. Gli ingredienti tipici del Nordvargriano futuro ci sono tutti in questo brano. Dove potremmo trovarci se non “nelle segrete”, e nel bivio psichiatrico rappresentato dal dubbio dell'attesa che sia una belva o un carceriere-belva a trucidarci, o le nostre stesse angoscie e frustrazioni? So già a cosa state pensando. Infatti un coro rituale giunge a noi attraverso le crepe del muro, invadendo di eco la stanza. Noise, e voci demoniache che non sembrano gradire la nostra presenza in questi luoghi. Intanto una pallina da tennis rimbalza su un ponte levatoio (settima traccia).
Ottavo pezzo. Organetto ecclesiastico (una ventina di secondi) e sfuriata black metal di batteria e chitarra (un minuto circa). Voci, oscillazioni elettromagnetiche, pulsazioni digitroniche amalgamate e irriconoscibilizzate. Potrebbe sembrare un'apparecchiatura che si fa il sound-check da sola. Abbastanza inquietante. Qualcuno si sarà chiesto “si ma intanto dove cazzo siamo?”. Nono pezzo. Frullato finale a base di oscillazioni e distorsioni, ma abbastanza squallido rispetto all'inizio del disco; si vedeva che il cavaliere era stanco.

Eh eh... non si può banchettare per sempre.

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