Negli ultimi anni le storie sui vampiri hanno decisamente cambiato target, rinnegando la componente "orrorifica" a favore degli aspetti più romantici e una estetica dark che presso una audience giovanile riscuotono evidentemente un grande riscontro. Parliamo di qualche cosa che al botteghino funziona e alla fine ci è cascato dentro persino Jim Jarmusch con “Only Lovers Left Alive”. In genere mi tengo lontano da film di questo tipo, ma considerando che Neil Jordan ha diretto negli anni novanta uno dei film più fortunati nel genere, cioè "Interview With the Vampire", oltre il mio storico apprezzamento per il regista, costituiva tuttavia motivo di interesse guardare il suo ultimo film del 2012: “Byzantium".

Basata su di una pièce teatrale di Moira Buffini, la storia è ambientata ai giorni nostri in una località imprecisata dove seguiamo le vicende di due donne di nome Clara Webb e la figlia Eleanor (Gemma Aterton e la giovane e talentuosa Saoirse Ronan). Le due donne sono due vampire, nate all'inizio dell’ottocento e condannate alla vita eterna. Clara ha un carattere dispotico e si prostituisce per vivere e sceglie le sue vittime (hanno ovviamente bisogno di sangue per sopravviere) senza nessuno scrupolo particolare, mentre Eleanor conduce una vita solitaria in cui scrive continuamente le sue memorie che poi affida letteralmente al vento. Nello scegliere le due vittime ella compie atti definibili come pietà e misericordia, accompagnando dolcemente alla morte persone per lo più anziane e che scelgono deliberatamente di voler morire. Perseguitate nei secoli dalla “fratellanza”, le due donne da duecento anni si spostano continuamente da un luogo all’altro, finché arriva il giorno in cui Eleanor decide di liberarsi dal peso di tutta questa storia, che racconta in una lunga lettera e che viene intercettata dai loro persecutori: a questo punto lo scontro finale di una partita cominciata 200 anni prima sarà inevitabile.

Il film racconta una storia tra madre e figlia in una dimensione sicuramente molto particolare: l’aspetto più interessante sta proprio in questo legame del resto e in come nonostante 200 anni di vita, la prima sia rimasta una giovane madre impreparata alla vita e la seconda una adolescente. Come se spezzare o comunque cambiare questo legame fosse l’unica via se non altro per crescere. In questo la vita eterna diviene una specie di metafora e l'invito a ricercare nel cambiamento, la rottura, quella spinta a rinnovare la propria esistenza. Per il resto se le ambientazioni sono riuscite (suggestivi gli interni del vecchio albergo “Byzantium”), senza mai scadere in uno sfarzo di ambientazioni gotiche peraltro inflazionate, la storia è tuttavia molto debole e le dinamiche relative il rapporto tra le due donne viene affrontato ma risolto senza farci vivere veramente gli sviluppi di questo processo. Sicuramente lontano dal già citato "Interview With the Vampire" come genere, quanto dai temi ricorrenti di ambientazione vampiresca soliti, “Byzantium” è un film che però non funziona e non si riesce a sviluppare in maniera convincente e forse il più grande passo falso di questo grande regista. Finora è il suo ultimo film: lo aspetto al varco perché non può sicuramente chiudere in questo modo.

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