E' la vigilia di Natale e non sto molto bene. E' stato un anno molto difficile e voglio credere - un po' scaramanticamente, legandomi a pensieri simbolici come fanno i disperati che cercano in tutti i modi un Dio - che dal Gennaio prossimo inizierà a spirare un'altra musica. Lo spero con tutto il cuore.

In questo pomeriggio freddo e grigio, prima di mettermi un po' dietro i fornelli per dare una mano alla preparazione del "banchetto di lusso", mi sono trovato a risentire un paio di pezzi dei miei amati Nerorgasmo. Una sorta di medicina, terapia d'urto, catarsi. Ho voluto buttare giù molto velocemente un paio di parole per ricordarli. Non è una recensione vera e propria, è una piccola dedica. I Nero vogliono dire molto per me. Perché come poche altre band riescono a colpire nel punto giusto. Non importa quante difese ho indosso quando li ascolto: sono tutte vane.

Una chitarra che è come un pugno d'asfalto.
Il basso e la batteria corrono, affannosamente, come bulloni (e uomini, e ancora bulloni) che cercano di scappare da una catena di montaggio.
I testi di Abort sono l'eliminazione di ogni filtro. Il suo compito è la negazione: il Nato morto ha l'arroganza di credersi anticristo e infatti può farlo, è il suo compito; caustico, amico e nemico, vicino ma lontano e antipatico, anarchico; è pronto a picchiarci (voglio solo farti male) e a farlo senza pietà, prima di esalare l'ultimo respiro, calandosi per sempre nelle tenebre. E' un respiro - putrescente ma ancora vivo, - rantolante dalla rabbia, che giunge dal profondo di ogni illusione caduta: l'illusione di una vita felice e soddisfacente nella società dei consumi, l'illusione di Dio, della morale, di uno stato buono e di tutti, l'illusione del sesso, dell'amore e infine anche della droga (e non ti basta più drogarti/e non ti basta più scopare), sono testi che giungono dalla fine, dal raschiare il fondo dell'esistenza, vedendola meccanicamente per ciò che appare: una grande matrioska di false speranze, false coscienze e vuote illusioni che coprono altre illusioni: in realtà è tutto un concatenarsi di ingranaggi, ingranaggi che nascono, si stringono, si inseminano e poi muoiono lasciando il posto ad altri muti pezzi d'acciaio. E l'Abort, dal fondo della palude dell'anima, è l'ingranaggio rotolato fuori dal meccanismo ben oliato e mistificatore. E' rotolato fuori, ai bordi della periferia implosa, e a lui non gli basta: deve anche incazzarsi, e deve anche urlare, e deve scrivere e cantare. Nerorgasmo è, volendo fare un'analisi etimologica, il Nero che si riesce a vedere se e quando si aprono gli occhi (evenienza rara? chiamiamolo superomismo), scrutando oltre i raggi del sole e i sorrisi della mandria che sono maschere di plastica, il Nero che buca il cuore e che straborda dal petto, sopra a tutto, sopra alle mani e sopra agli occhi, annegando ogni cosa - la bellezza come l'orrore, la luce come la notte, trasfigurandosi in un'unica grande ombra, - ed è l'Orgasmo, l'estasi di un organismo che per quanto tumore in metastasi ha il biologico bisogno di gridare, di contorcersi, di dannarsi, perché è proprio quando il nero si scaglia da ogni parte, oscurando l'orizzonte, che si cerca disperatamente la luce e la salvezza. Sarebbe superficiale e conformistico definire questo Nerorgasmo un nome, una canzone, una band e un album di odio. In realtà è un grande, grandissimo bisogno di vita, è una richiesta d'amore. Una richiesta che parte dal dolore più grande, una richiesta sincera e non certo ipocrita come l'amore di cui si parla tanto là fuori, dove cose come il Nerorgasmo le si tiene bene distanti. E' amore puro, e quindi sgradevole. Amore, quindi umano. Proprio per questo è una dichiarazione d'amore - perché "la vita potrebbe essere vita", è ciò che si pensa sempre sull'orlo del baratro - che su questo mondo così poco umano ha davvero poco senso di esistere. E a questo punto ci si può soltanto incazzare, avvicinandosi a quel fatidico ultimo respiro rantolante.

La chitarra d'asfalto, la batteria e il basso industriali, Luca Abort, tutto vacilla in un arcobaleno acido dove regna incontrastato un rosso tagliente e accecante, che perfora l'occhio: l'esplosione di un'emozione senza catene né vergogna - ma allora l'emozione esiste, a questo mondo! - e poi, dopo l'emozione giungono l'uragano, il terremoto, il nulla.
Immensi.

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