Febbre, è la prima parola che mi viene in mente ogni volta che ascolto questo disco. Perché il Re Inchiostro ha la febbre e nessuno lo cura? Perché se ne va a Berlino invece che a Rio (ci vorranno anni perché decida di rivedere il sole). Anita non lo aiuta (capirai, ad un certo punto gli ha tirato pure una coltellata).

Il nostro eroe ha ventisette anni e non sta affatto bene. Gli indizi sono molteplici. I pipistrelli sono stati liberati. E basterebbe la copertina (a dir la verità, sul retro, neanche le foto di Mick e Blixa ci rassicurano sullo stato di salute della band). Poi, quando si inizia ad ascoltare il disco, gli indizi si trasformano in prove schiaccianti. Nicola è proprio ammalato. O è pazzo. Quando si arriva alla fine la convinzione è assoluta. Chi è che se ne sta quasi dieci minuti a cantare chiedendosi chi ha costruito la bara di Black Paul?

Il cantante di Warracknabeal ha sempre la febbre, come il protagonista di "La montagna incantata". Invece di recarsi qualche anno, come Hans Castorp, in un sanatorio a Davos, dopo lo scioglimento dei Birthday Party, se ne va a Berlino. La febbre ovviamente aumenta. La tetralogia berlinese successiva a "From Her To Eternity" ne sarà ulteriore conferma.

C'è un'associazione tra il blues e la malattia? Una relazione tra l'essere tossicodipendenti e questo disco?

Un'analisi track by track è del tutto inutile. Si potrebbero spendere ore a parlare delle singole canzoni. Quel che mi sorprende ancora, a distanza di tanti anni, oppure che ricordo. In "Il cielo sopra Berlino" Cave, prima di iniziare a cantare "From Her To Eternity", pensa: "Non gli dirò che parla di una ragazza" e poi dice: "I wanna tell ya 'bout a girl".

John Lurie raccontava che era entusiasta di Arto Lindsay perché il suono della sua chitarra pareva quello di una lavatrice (il suono di Blixa Bargeld, quale altro elettrodomestico vi rammenta?).

Il mio pezzo preferito, paradossalmente, è "Well Of Misery", che, i filologici, direbbero essere un sea shanty, cioè un canto di lavoro dei marinai.
Una delle cose dell'epoca moderna che mi fa ribrezzo è lo spreco della parola artista.
Nick Cave, per alcuni anni, quand'era ammalato, è stato uno dei pochi veri artisti della canzone.
Ha dato nuova linfa ad un genere, il blues, che pareva morto da lustri.
Ha raccontato, come quasi nessuno, quella parte di male che alberga in ognuno di noi.

Senza polemica, a questo disco avrei dato quattro stelle, perché un paio successivi del nostro sono superiori. Ma se ormai qualsiasi banalità ne prende quattro, sono costretto a dargliene cinque. E se fosse possibile, in termini di paragone con molte inutilità, diciotto.

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