Ciao.

Mi piace rischiare, rimanere labile, su un invisibile filo distorto, che può essere Croce e delizia, di quella che in un alone di sommessa mediocrità può essere definita esistenza, la gioia, che sicuramente si prova nel sapere di non essere soli nel momento meno opportuno, si, quello meno opportuno, quando la nave, ha lasciato il porto, e diventa sempre più un punto indefinito sull'orizzonte.

Corro, in macchina, mentre sono a piedi, in bici, perché il tempo non sembra bastare mai, mai, mai, se non fosse chiaro io non scrivo, magari potrebbe essere un silenzioso inizio.

Sono le 4 di una notte, che rientrerà nello spazio della mia lapide, quando il tempo o chi per lui deciderà che è abbastanza, Santi e Predicatori. Politici e Benpensanti.

Sto correndo, almeno questo lo ricordo, (segnali di vita).

La strada sempre uguale, sempre diversa, andatura medio veloce, tipica di chi ha fretta, ma non troppo, fretta per cosa, o chi, non è ancora chiaro, (ma almeno questo lo ricordo) sto correndo, potrei fermarmi a pensare, a ridere, a piangere, ma quest ultima deviazione emotiva, di li a poco busserà alla mia porta, e non potrò rifiutare la sua visita, le lacrime sono il sangue dell'anima.

Il Sangue dell'anima, un conato bluastro di ricordi, e soprattutto di te, che magari sorridi, o dormi tranquillamente, o muori.

Muori.

Muori.

Muori.

Riconosco quella chitarra fantasticamente acustica, quella voce, familiare e sconosciuta, bellissima e pericolosa, forse la cosa giusta al momento sbagliato?

La pressione sale, l'equilibrio vacilla, gli occhi che nuotano nel buio illuminato da fari stanchi, stanchi per altro, di cercarmi sul fondo di una bottiglia vuota, miseramente senza riuscirci.

Lacrime.

Lacrime.

Lacrime.

La strada scivola veloce, ma non posso frenare quel tremore cardiopatico che mi attanaglia il cuore, i polmoni troppo pesanti ormai per permettermi di sorvolare la sofferenza, che sale e mi riempie di merda, di rancore, per quello che il vento ha cancellato dalla mia pelle, che la pioggia ha perfino eroso dalle roccie posate da un qualsiasi Dio sul profano terreno di un indigeno villaggio, selvaggio come le nostre città, delicato come un intervento a cuore aperto, senza senso come la strada che percorro.

Lacrime rigano il viso mentre guido, l'emorragia dell'anima non si ferma, in questa notte veloce, passata sulla strada e chissà dove, sentirsi vivi, al ritmo della linea bianca messa probabilmente a confine tra la vita e la morte, il giusto e lo sbagliato, il bianco ed il nero, o se volete il 6 ed il 9.

Caro Nick, ci sarò al tuo prossimo concerto, alla mercè del Dio che hai scelto, o che ti ha scelto, forse non adesso, ma il tempo non sembra scorrere a mio favore. Almeno per ringraziarti, con quel che rimane del mio cuore, per esserci sempre stato, misticamente rinchiuso in un cd che gira all'infinito nello stereo di questa macchina infernale che mi porta km dopo km a scoprire una verità bastarda, almeno quanto una pistola puntata alla tua tempia mentre soffi sulle candeline del tuo fottutissimo ventesimo compleanno del cazzo.

Ciao.

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