Forse è allungato sull'erba fresca, lì in lontananza, appartato.
Il ragazzo è abbastanza schivo, come Drake.

Ha congedato il 'Servizio da Tè' dicendo che sarebbe andato a prendere un caffè.
Al bancone, nel frattanto che si fredda la scura bevanda, liberando le unghie da imbarazzanti
frammenti di terra ed erba, ha pensato e realizzato il capolavoro.
Così, con la stessa surreale e aliena incoscienza di chi fa una gran cosa senza rendersene conto.
Poi niente. Non è più tornato dalle porcellane, ne più al bar, da nessuna parte. Sparito.

Non come Drake, non per sempre ma comunque per sempre.

Cocteau sosteneva che un capolavoro della letteratura non è altro che un dizionario in disordine.
"The Great Indoors" è un dizionario disordinato con straordinario ordine.
E Haeffner un geniale funambolo in equilibrio su una corda tesa che domina dall'alto
l'ordinato disordine; un'accozzaglia di personaggi grotteschi, giocolieri circensi e dame
d'altri tempi da far invidia al trittico di Bosch e tutte le anime gaie che si stagliano nella
rigogliosa natura come quelle di una domenica pomeriggio sull'isola della Grande-Jatte.
Tutto sancito e sugellato da un lettering da scatola di biscotti al burro danesi.

Il tempo ha elencato un badiale numero di ricercatori/rielaboratori della psichedelia.
Un posto affollato e ben frequentato. Lunghi corridoi con illustre targhette sulle porte:
Barrett, Hendrix, Erickson, gli Airplane, i Gong e tanti altri, compreso Nick Saloman che
ha trovato alloggio nel ripostiglio.

Haeffner ne ha aggiunto il tè (dotazione personale), il profumo delle dita sporche di caffè
e quello delle scarpe intrise di rugiada col dolce effluvio d'erba calpestata.
Ha sporcato la psichedelia con gli echi del tempo corrente (la chiamano new wave ma
vuol dire veramente tutto).

Suoni, natura e psichedelia.
Natura e psichedelia.
Psichedelia.
A suo modo. Perchè di Barrett ce n'è uno solo. Di Haeffner anche.

Ebbene si, solo un acuto e sardonico individuo può concepire un inno alla natura
(pare abbia passato la giovinezza segregato in casa per seri problemi di salute)
col titolo "You Know I Hate Nature". L'atmosfera è delicata e frizzante, con evanescenti
assonanze alla scampagnata degli amici di Syd nei dintorni di "Grantchester Meadows".

Passi sicuri su di una impercettibile corda , lontano dal fascio dei riflettori e armato di
una geniale, lucida follia.
Haeffner si muove attraverso un universo naif color carta di riso.

Lungo il fresco pop psichedelico mantecato in salsa folk di "The Sneaky Mothers",
cronologicamente lontano e al contempo incredibilmente vicino alle sperdute lande
rosa e grigie dei Caravan, distanti un paio di notti e una manciata di accordi da
"The Master", con la sua latente natura barrett-iana, sfumata di paisley d'annata
(rallentate il range, dilatate le note e ditemi se riuscite ad intravedere il satanasso Sam)
ed equidistante dallo psychobilly diluito di "The Earth Movers".
Come l'incantato mondo di Carroll tutto scompare e riappare apparentemente senza senso,
ma un senso c'è. Sempre.

I giocolieri sogghignano divertiti seguendo con lo sguardo le dame che
passeggiano nei parrish-iani, onirici giardini tanto cari ai Dalis Car ("Furious Table", " Breaths")
L'ombra di Syd è sempre vigile ("Back In Time For Tea"), nascosta dietro l'angolo, l'attimo
prima che la ribalta accolga gli strumenti a fiato.

Questo è il grottesco universo dell'introverso Haeffner.

Un piccolo mondo antico sospeso tra il barocco e il vittoriano, con lo spettro di Drake
alla finestra, crogiolato dall'ultimo raggio di sole e svanito nei vapori del tè delle 17.00
("Steel Grey", "The Great Indoors", "Don't Be Late").

Spellatevi le mani per gli applausi e non risparmiatevi in superlativi, meritati elogi ed encomi.
Il piccolo gioiello è consacrato dalla critica, c'è solo da alzarsi e tributare.

La ribalta però si inceppa sul più bello, nel momento in cui, dopo tanti solidi consensi, occorreva
anche una buona dose di consensi solidi.

Le radio non passano l'album. L'etichetta Bam-Caruso Records, di lì a poco, chiude i battenti.
Haeffner frustrato chiude con la musica.
Fine.

Oggi il buon Nick è docente universitario a Londra, scatta foto per hobby
e talvolta passeggia nell'erba alta e fresca.
Per sempre sospeso come un funambolo tra l'ordinarietà e il genio.

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