Dopo tre album dei Pooh, non potevo mancare di scrivere una recensione di una compilation di un gruppo diverso in quanto a formazione e durata, ma affine a livello di genere ai Facchinetti's boys, e, come loro, produttore di tante cose "alte", di tanti capolavori e di tante porcate colossali. "Ma noi no" è un ottimo album per chi vuole riscoprire i Nomadi delle origini, pur essendo coperto da un velo di tristezza essendo l'ultimo album prodotto dal gruppo emiliano prima della morte di un cantante storico, una grande voce come Augusto Daolio, che "era" i Nomadi. Oltre a turnisti professionisti come Vince Tempera e Ares Tavolazzi (rispettivamente pianista e bassista del loro paroliere Guccini) sono poi entrati nel gruppo da poco tempo, nel periodo di uscita dell'album, il chitarrista Cico Falzone e il batterista Daniele Campani ed è recentemente scomparso, in un tragico incidente stradale, il bassista Dante Pergreffi. Qui troviamo le versioni primordiali di "Io vagabondo", "Crescerai" e "Un giorno insieme", canzoni evergreen di enorme successo, dove però viene più fuori la calda e coinvolgente voce di Daolio che non l'accoppiata fra testi comunque carini (emozionanti, ma non capolavori artistici) e degli arrangiamenti carini, efficaci, non ultra-tecnici e vagamente country (non è sempre un lato negativo). Accoppiati ai sempreverdi, troviamo poi canzoni meno famose, meno orecchiabili e, a mio parere, un po' pesanti a lungo andare, non coinvolgenti (Per fare un uomo, Gli aironi neri, Gordon) mentre, tra le nicchie meritano sicuramente di più "Il pilota di Hiroshima", "Ma noi no" e "I ragazzi dell'olivo", stesa e composta in un periodo decisamente non roseo per i Nomadi che oggi si tramuta in un velo malinconico ogni volta che la si ascolta. E poi ci sono loro, le storie di Guccini, vere e proprie poesie che, nonostante vogliano mettere in esagerato risalto il testo rispetto alla musica, interpretano in maniera genuina e meno cantautorale temi come i morti sulla strada (In morte di S.F., meglio nota come Canzone per un'amica) l'olocausto nucleare (Il vecchio e il bambino, Noi non ci saremo) o l'emozionante e provocante, vittima di censura, "Dio è morto". Nelle versioni dei Nomadi si nota una maggior attenzione agli arrangiamenti rispetto alle semplicissime incisioni folk acustiche di Guccini. E i testi sono e rimangono delle poesie. Nel complesso, una buonissima raccolta per chi vuol riscoprire i Nomadi di Daolio, decisamente superiori allo pseudo gruppo capitanato da Danilo Sacco e Yuri Cilloni: bravi cantanti, ma, come i Matia, dopo l'addio della Ruggiero, sono caduti nel dimenticatoio, lo stesso è successo in maniera minore ai Nomadi. Nel grande repertorio, tante belle canzoni, tante canzoni bruttine. E in questo album la frase precedente viene fuori al massimo.

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