Continua la magica avventura (e missione artistica) della Nuova Compagnia di Canto Popolare, che tra il 1972 ed il 1974, grazie alla partecipazione al Festival di Spoleto, aveva raggiunto la fama nazionale e s'apprestava a conquistare il mondo a suon di chitarre, mandolini e tamburi.
Nel 1974 pubblicano il loro quinto album in studio: "Li Sarracini Adorano lu Sole".
Ascoltando il disco ci si ritrova magicamente nella Napoli borbonica, ricca di contraddizioni e mistero. Una città allo stesso tempo allegra e malinconica. Questa sensazione la si vive ogni volta che si ascoltano i canti popolari reinterpretati magistralmente dalla NCCP. A realizzarlo sono sempre i soliti sei: Barra, Areni, Trampetti, Bennato, Mauriello e Vetere e la strumentazione è la solita: chitarre, mandolini, mandoloncello, flauti e strumenti a fiato vari, violino e le percussioni del putipù e della tammorra.
Il primo brano è proprio una tammorriata, ovvero "Tammorriata alli uno...alli uno", che inizia con una filastrocca numerica per poi proseguire con episodio che ha come protagonisti un ragazzo ed una signorina vogliosa. La tammorriata è un ballo arcaico, dal ritmo magnetico, una musica ipnotizzante. Fausta Vetere canta la successiva e dolce "Ricciulina", suonata solamente dal flauto e dalla chitarra.
I tamburi ci introducono "In galera li panettieri", canzone che tratta della carestia del 1794. In questo brano dal ritmo incessante si descrive la visione del popolo che chiede a gran voce la condanna dei fornai, che s'erano arricchiti alle spalle della popolazione. L'elegante suono del mandolino, invece, apre "Vurria ca fosse ciaola", nella quale il protagonista vorrebbe essere un uccellino per poter volare libero ed invece è rinchiuso in una gabbia.
Il disco, come sempre, è ricco di mille sfaccettature. I musicisti s'eclissano, diventano gli occhi della gente di Napoli e descrivono tutto ciò che accade nella città partenopea. Ne è l'esempio "Tammorriata nera", i primi versi sono famosissimi:

 "...è nato nu creaturo, è nato niro
e 'a mamma 'o chiamma Ciro...
"

E' la storia di una madre che tenta (pateticamente) di nascondere il colore scuro del proprio figlio chiamandolo con un nome napoletano: Ciro. La memoria napoletana, però, elogia anche gli eroi popolari. "'O cunto e Masaniello" racconta l'epopea del pescivendolo-rivoluzionario, che capeggia la ribellione del popolo contro le pressanti tasse imposte dal Vicerè. Alla fine Masaniello verrà misteriosamente ucciso.

"La Morte di Mariteto" è la storia di un giovane che attende invano la morte del marito della sua amata, mentre "Li Sarracini adorano lu sole", introdotta dal suono del flauto, è composta da soli tre versetti e alla fine di ogni verso è un crescendo di voci e chitarre da pelle d'oca. La calma e ipnotica "'E spingule francese" precede l'ultima canzone dell'album: "Lo Guarracino".
Già riproposta nell'omonimo album del 1972, viene reinterpreta dal gruppo, con il clavicembalo che suona il motivo portante al ritmo di tarantella. La canzone narra la storia del "Guarracino" (coracino) che si innamora della "Sardella" (sardina), ma il fidanzato "Allitterato" (tonno) viene a sapere della tresca e si scatena una zuffa tra pesci. Il testo è una chiara allegoria alla vita "in superficie".

Si chiude in maniera eccellente l'ennesimo successo di questa formazione, che continua a riproporre superbamente i classici della canzone napoletana.

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