Chi pensa che la musica popolare napoletana appartenga solo al capoluogo campano commette un errore madornale. Proprio per queste persone, nel 1975 la Nuova Compagnia di Canto Popolare pubblica il disco "Tarantella ca nun va bbona".
In questo album vengono riproposti i frutti di una ricerca meticolosa e certosina effettuata soprattutto nelle diverse zone della Campania, allontanandosi, per il momento, dalla dinamica Napoli.

Se viaggiando, vi trovate in qualche paese montuoso della provincia avellinese, magari potete imbattervi in una festa patronale ed ascoltare una tarantella "Alla Montemaranese", un capolavoro di tecnica e di virtuosismo, seguendo però sempre il canovaccio stilistico tipico di questa canzone, trascinata dalla voce di Fausta Vetere.

La bianca e semplice copertina dell'album nasconde al suo interno un esplosione di colori, forme e musiche. Sono diversi i cambi di genere: dalla calma e sognante "Si te credisse", per passare alla "Moresca d'Orlando", fino alla trascinante e simpaticissima "Tu sai che la cornacchia", dedicata all'"uccello del malaugurio", perché da queste parte la superstizione è parte integrante della cultura e della vita meridionale, tra i suoi dogmi, le illusioni e i gesti quotidiani che ci costringe a fare.

Tra le tradizioni campane ci sono i famosi zampognari che suonano canzoni natalizie, che trattano il sacro tema della natività, come ovvero "La Santa Allegrezza" contenuta in questo disco.
La gerarchia della natura viene raccontata attraverso "Rancio e Mosca", con i versi che possono ricordare la stessa scala naturale cantata ne "Alla Fiera dell'Est" di Angelo Branduardi.

La canzone che m'ha maggiormente impressionato è sicuramente "Trapenarella": un durissimo attacco, sotto forma satirica (ma non troppo velata), sull'ipocrisia e la corruzione, qualità insite nell'animo umano. Con simpatia e, allo stesso tempo, arguzia, la NCCP, rivolgendosi a San Gennaro, dipinge un riuscito quadro sulla vita italiana. I seguenti versi sono i più significativi per capire la canzone:

"'E mbruogliamestiere so' ll'ingegnere
'e 'mbruogliamalate so' ll'avvocate
'e prievete songhe 'e zucalanterne
'e cchiù mariuole stann''o guverno
"

A chiudere l'album provvede la mastodontica "Ue Femmene Femmene". Questo brano, dalla durata di oltre 12 minuti, è una specie di summa della tradizione musicale napoletana, prima con un introduzione vocale, dedicata alla Femmena. Introduzione che sfocia in una ballabile tammorriata, dove si alternano la voce femminile di Fausta Vetere, con quelle maschili di Giovanni Mauriello e Peppe Barra. La canzone si conclude come comincia il disco, ovvero con una tarantella elettrizzante in stile montemaranese. Un crescendo dionisiaco tra fisarmoniche, chitarre e flauti, che nonostante raccontino i problemi che ci affliggono perennemente, allo stesso tempo ci danno quell'impulso vitale alla lotta e alla sopravvivenza che contraddistingue lo spirito del meridionale.

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