In un'epoca dove il gothic metal è diventato un inutile cliché sonoro ed immaginario, risulta assurdo pensare che cinque esponenti del gentil sesso possano impugnare degli strumenti e, con le proprie mani, creare un album di qualità medio-alta, promuovendo in prima istanza la propria musica anziché l'immagine. Eppure, con un po' di buona volontà, una giusta dose d'ispirazione ed una determinazione prettamente femminile, anche questo diventa possibile.

Octavia Sperati: dietro questo monicker latino (sposalizio di riferimenti a nomi di figure femminili dalla tempra piuttosto forte, come la sorella dell'imperatore romano augusto ed un'attrice italiana che si dice infesti il teatro dov'era solita recitare) si cela una realtà completamente al femminile (se escludiamo un turnista che ha registrato le parti di batteria) proveniente da Bergen (Norvegia).

Non aspettatevi però momenti d'esasperato lirismo vocale, soffocanti inserti tastieristici o soporifere atmosfere da cuori infranti bramosi di morte, in altre parole gli stilemi ricorrenti nel gothic metal del nuovo millennio. "Winter enclosure" è un lavoro che vuole raccontare (in chiave doom) lo splendore dei mesi invernali nelle fredde lande nordiche. Tra le influenze delle ragazze potremmo citare i 3rd And The Mortal dell'era Kari Rueslatten e qualche particolarità sonora del doom metal inglese della metà degli anni Novanta (Anathema in primis), ma mi piace pensare alle Octavia Sperati come ad una versione nordica e completamente priva di tocco maschile dei The Gathering di "Mandylion" (sicuramente meno articolata, ma carica di un'emotività unica e particolare, che risulterà sicuramente irritante alla folta schiera di maschilisti che milita tra il pubblico metallico). Il vibe emanato dalle undici canzoni è una malinconia molto velata e lievemente impercettibile, tipica di molte band norvegesi che, in campo gothic (impossibile non citare gli ultimi Tristania, uno dei gruppi più innovativi ma allo stesso tempo più incompresi della scena), sono lontani anni luce dall'emotività a volte puramente standardizzata predominante in Finlandia e riescono a tingere uno spettro emotivo cerebrale, inconscio e distaccato riuscendo in ogni caso a raggiungere l'ascoltatore, ferendolo, spiazzandolo e stordendolo. Esemplari da questo punto di vista sono tracce come l'opener "Lifelines of depths" o "Wasted on the living", dotate di quel quid necessario ad elevare la band ad una maggiore visibilità.

La struttura portante delle canzoni non è affidata alle tastiere, ma alle chitarre, sempre rocciose ma anche tranquille, se necessario. Dai tasti d'avorio provengono invece delicate, romantiche ed al contempo glaciali atmosfere nordiche. Si può parlare di doom metal per quanto riguarda alcuni momenti, soprattutto "Below zero", episodio perfettamente riuscito nel contrasto tra la matrice estrema delle chitarre e la malinconia dimorante nelle linee vocali e nei suoni di pianoforte.

I brani meglio riusciti sono però quelli che tendono a soluzioni maggiormente melodiche (sconfinanti nel pop-rock di artiste come Tori Amos), che esplodono nella loro bellezza da metà tracklist. Strabiliante è la doppietta "Hymn"-"Hunting eye", la prima pregiata da una superba prestazione canora, la seconda dolcissima con quel bellissimo accompagnamento al pianoforte. Non mancano poi passaggi atmosferici (richiamanti alla mente fredde e desolate foreste ammantate di neve) sorretti da delicati arpeggi di chitarra come nella prima parte di "Without air", destinata a sfociare in un inquietante e sciamanico secondo atto, capace di catturare l'animo dell'ascoltatore e non lasciarlo per nemmeno un secondo, grazie anche ad una voce che è in grado di graffiare e di stordire.

Nonostante "Winter enclosure" non abbia goduto di un gran risalto mediatico, siamo di fronte ad un debutto stupendo e promettente, che pecca soltanto di una durata eccessivamente corta.

Quantunque sia deprimente farlo, devo tuttavia constatare che questo gruppo, per le scelte musicali adottate, sarà sempre oggetto di pregiudizi insensati e senza un minimo fondo di verità (del tipo: le donne non sanno suonare e, se si mettono a farlo, producono prodotti scadenti che giocano tutta la loro forza nell'immagine proposta). Forse le Octavia Sperati, faranno la fine della sorella di Mozart, dotata di un talento pari a quello del fratello, che tuttavia risultava rigurgitante alla mentalità maschile e, per questo motivo, fu adombrato. è triste sapere che la disgraziata cadde presto nel dimenticatoio, mentre il fratello è passato alla storia come uno dei maggiori compositori di tutti i tempi.

 

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