All'apparenza, tutto può ingannare. Di questi tempi, ascoltare i primi 10 secondi di una band con nomi strambi è la moda del momento. Ma poi ci si annoia, si china il capo e si ride scherzando dentro sè stessi con l'idea di averne combinata un'altra: essersi piegati alla volonta collettiva del "se tutti dicono che stociddì è fico, lo è anche per me...". Ed allora si perdono le speranze, convinti che non esista possibilità per una situazione creativa allo stremo delle forze, come quella attuale. Personalmente, credo che sebbene ci sia un minimo e pulsante risveglio, il tutto sta puntualmente avvenendo nella più totale ignoranza (de-facto) delle menti tendenzialmente "conformi" (a cosa poi, non so più spiegarmelo..).

Ok.

Vagabondando su internet, cosa che mi capita di fare anche e molto spesso da solo, per strada, mi accorgo di una decina di secondi preziosissimi ed esangui, lì a terra, ad implorarmi pietà dal basso della loro morente posizione. Mi piego per sentirne il polso, e credetemi, non senza diffidenza, e quello che sento mi sconvolge. Quasi mi turba.

Leggo Omega Massif, e vedo una copertina spaventosamente inquietante: una casupola semi-diroccata, un paesaggio desolante alle sue spalle.. Qualcosa mi dice che devo entrare in quella copertina, e come sempre faccio, senza rendere conto nemmeno a me stesso, ci entro. Vorrei subito dire due cose. Primo, vaffanculo. Secondo, mi sta vibrando anche l'ipotalamo. Allora guardo il cielo, e ringrazio quell'infinito stra-maledetto bastardo destino che ci governa e mi dico senza remore che è così che funziona: ogni centinaio di migliaio di unità, ne compare una estranea, dalle fattezze inconcepibili.

Se qualcuno mi dicesse che ho ragione, lo fermerei immediatamente, perchè prima di parlare di cose che non si comprendono occorre sperimentare sulla propria pelle, e lo dico con umiltà, perchè sono un coglione, ma è da parecchio che non incontro qualcuno che si anima rispetto a tale idea: spesso, quando ciò sembra capitare, le maschere, dilatate, collassano, e vedo i volti (ir)reali della generazione a cui appartengo, che tutto sta facendo, meno che capire cosa mastica di canceroso e pestifero quotidianamente. Ma qualcosa mi risale dall'esofago, come un getto acido, un ricordo. E mi fa subito capire che anch'io fui così, per poco s'intende, ma così fui. E allora, che dire a me stesso e a voi? Niente.

Tuttavia: c'è una fottuta casupola del cazzo, un monte, e niente altro. Non li vedo neanche in faccia questi quattro tedeschi prodotti dalla Denovali Records, ma sento il granito delle loro chitarre entrarmi ed uscirmi dai timpani come fosse aria. Tonalità bassissime. Al limite della scordatura, linee melodiche compatte, eteree, paradisiache e demoniache: pagane. Anzi, no. Arcane. C'è qualcosa che non funziona.. mi piace e anche tanto, ma non capisco.

Tutto è frastuono, montagna, basalto, orite e smottamento interiore. Certo, ora mi è chiaro: non c'è niente altro che suono, degnamente intelaiato, con ottima cura nelle equalizzazioni, nel livellamento dei volumi, nella compressione. Ma specialmente, non c'è una fottutissima parola. No. Niente altro che suoni. E dicono molto, più di quello che dovrebbero, perchè stanno al di fuori di ogni convenzione, di ogni ipocrisia, di ogni osservazione presuntuosamente avalutativa e di ogni angoscia territoriale mai intesa. 

Onde alte decine di metri, violenza, natura.

Apro gli occhi, sono nuovamente in me. E penso a che cazzo è stato, e che quasi certamente, se potessi vendere biglietti per il viaggio che mi sono fatto, tutti rifiuterebbero. Colpa di quella maledetta copertina priva di lustrini, che tanto piacciono, e che spesso ingannano. Ma io lo giuro, ho visto. Ho perso l'uso della parola, non ne voglio più sapere nulla. Le mani mi si contraggono in spasmi, volgio solo ascoltare, anzi, chiudo gli occhi, non mi servono più. A differenza di molti, non ho più paura di sorprendermi.

Guardo il corpo esanime di quell'immagine, ora è spento, cadavere. Ne sento l'odore, cerco di rianimarlo, niente. 

La gente ci passa attorno come se nulla fosse, nella totale indifferenza, tutta intenta a venerare il nulla.

Mi alzo, decido di andarmene. Niente parole, a parte una, che mi martella la testa e mi brucia addosso come un sole equatoriale.

GEISTERSTADT.

E allora torno a casa, vado in cantina e spengo tutto: elettricità e gas.

Niente da fare.

Dalla parete di fianco, il vociare ovattato di un televisore mi annienta.

E allora mi ricordo di un antico proverbio mai così vero, oltre che adeguato per l'occasione.

SILENTIUM EST AUREUM.

Il silenzio è oro.

Ma le distorsioni tonanti, le batterie violentemente riecheggianti e gli arpeggi onirici appartenenti a desolate lande scomparse dalla faccia della terra, valgono molto di più.

Più di uno strafottutissimo telegiornale-fotocopia, di certo.

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