Persi nel loro allucinogeno mondo, gli Opeth nuotano nelle acque nere del death-metal (condito con varie influenze) con serietà e creatività, lasciandosi lentamente trasportare dalla corrente delle emozioni psicotiche.

A tratti indescrivibili, fondano le loro avvincenti architetture sonore su una psichedelia di netto stampo pinkfloydiano in cui sono rintracciabili i segni di un black metal non lontanissimo negli anni. Al pari dei The gathering, gli Opeth hanno da tempo scelto la strada della melodia, avvalendosi del suono polveroso delle chitarre acustiche. La bellissima ballata Harvest ricorda molto il rock della west coast degli anno '70, mentre The drapery falls è un entusiasmante alternarsi di espressioni menestrellari e di feroci incursioni gothic metal. Il tutto, espresso attraverso linee armoniche inquietanti ma mai scontate ed eccessivamente celebrali, con un grande senso dell'immagine e della "colonna sonora".

Non sono molti i gruppi metal disposti ad avventurarsi nell'intro di Dirge for november, un soffice jazz malinconico, mentre poi si sprofonda nella lava sonora di The funeral portrait, spietata summa di death metal e Black sabbath che farà la felicità dei più schizzati fans del genere. In ogni caso, "Blackwater park" è un album ricco di sorprese, che non delude le aspettative di chi chiede musica di qualità in cambio del costo del cd; la voce di Mikael Akerfeldt passa disinvoltamente dai toni morbidi a growls terrificanti, senza perdere credibilità. A volte, sono un po' troppo innamorati della complessità e risultano prolissi ma è un peccato veniale.

E oggi, in epoca di peccati capitali, si può ampiamente perdonare.

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