Che bello questo singolo di Opus III, una delle cantanti poco menzionate dal Duemila in poi e lasciate nell'abisso tremendo dei Novanta.

"It's A Fine Day" gli equivale praticamente come "Porcelain" a Moby. Il tessuto è il classico dell'ambient, ovvero quell'elettronica influenzata dal piano saltellante della Chicago House. I gorgheggi sublimi di Opus provengono dalla scuola dei Cocteau e degli Everything But The Girl, non c'è dubbio, ma la freschezza che troviamo in questi tre minuti è disarmante.

Si viaggia su una nuvola di un cielo primaverile. Il vento sposta lentamente i rami degli alberi, il tramonto si fa vivo e la calma mista a silenzio e pace ci ammalia sempre più.

"Evolution Rush" è l'altro brano accoppiato con questa gemma datata 1992, dove troviamo una giungla sonora condita da suoni ancestrali, voce divina e altre meraviglie.

Ma ovviamente il punto clou è "It's A Fine Day". L'etereo incipit di synth, tanto caro a gente come gli 808 State di "Pacific State", ci mostra subito la voce della ragazza. Il video ce la mostra come una mistica presenza, una sirena, una musa giunta in Terra e pronta ad abbandonarci dopo averci persuaso con la sua armonia.

Brano che si unisce alle varie "Everytime You Touch Me" e "Move" di Moby, "Unfinished Sympathy" dei Massive, "3 A.M. Eternal" dei KLF..

Un viaggio multicolorato che verrà riprovato da mille artisti, ma con poche altre eccezioni dove si riuscirà ad avere realizzazioni di tale impatto. L'unico danno della musica è quello di poter invecchiare male.

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