Secondo quanto io stesso avevo scritto nelle recensione del dvd “Live & Murerous in Chicago”, le speranze per me di mettere piede alla data italiana dei Papa Roach erano veramente poche ma nella vita, tutto può cambiare, basta volerlo! Ed infatti, al Rainbow di Milano giovedì 12 ottobre c’ero anch’io e ne sono felice, perché è stato il più bel concerto a cui fino ad ora io abbia assistito, anche se ammetto di essere esageratamente di parte.
Piccola premessa per chi era al live, nel caso in cui l’ordine delle canzoni non fosse proprio perfetto nella descrizione, me ne scuso ma dopo una settimana quasi, a memoria qualcosa sfuggirebbe a tutti! Dopo un lungo percorso in metropolitana ed un breve tratto “a fette”, raggiungo le porte del Rainbow, relativamente popolato, considerando il fatto che manca ancora mezz’ora all’esibizione del gruppo di supporto, i Bangkok Five, che all’ultimo hanno rimpiazzato i “fuggiaschi” Wicked Wisdom, band alternative rock capitanata da Jada Pinkett, consorte del celeberrimo cantante/attore Will Smith. La band pochi giorni prima della partenza del tour europeo, ha dato buca ed i motivi non sono stati chiariti a nessuno. Ad ogni modo, alle 20 circa, tutti ci dirigiamo in prossimità del palco per assistere alla performance dei Bangkok Five, quintetto curioso, capitanato da un vocalist altrettanto originale, che per tutto il live rivendica i contenuti onanistici delle proprie canzoni. I pezzi risultano essere abbastanza potenti, scanditi da riff energici accompagnati da una batteria decisa ma talvolta confusa. Il timbro del cantante ricorda a tratti quello di Jacoby Shaddix, anche se non ne possiede la stessa potenza vocale. Il tutto termina dopo un’ora circa e dopo una trentina di minuti ed un’attesa estenuante, se pur breve, gli strumenti dei quattro di Vacaville sono pronti per essere impugnati.
Il pubblico ansioso, chiama a gran voce la band, scandendone lo pseudonimo e nel giro di qualche minuto un ragazzone con baffetti finti e bombetta, di nome Dave Buckner inforca il palco giocherellando con una delle due bacchette, seguito a ruota da Jerry Horton (stranamente sorridente) e Tobin Esperance. La grancassa ci fa capire che il primo pezzo sarà “To Be Loved” e non si ha neppure il tempo di ufficializzare la cosa, che Coby è già davanti a noi ad intonare il rapping iniziale! E’ il delirio e una volta partito il primo ritornello, il parterre si trasforma in uno Tsunami. Il sottoscritto, un po’ per l’età, un po’ per l’indole, si sposta immediatamente nella zona “pacifici”, alla sinistra del palco, dato che la parte centrale è assolutamente impraticabile, a causa di un mix di spinte e pogate varie. Ma d’altronde i concerti rock sono così e guai se non ci fosse tutto ciò. Il pezzo scorre via veloce, Shaddix ci saluta e fa capire quanto gli piaciamo, intimando agli addetti alle luci di illuminarci il più possibile. Il pezzo successivo è “Getting Away With Murder” dall’omonimo penultimo album, che non fa altro che caricare “a molla” il pubblico. Si continua con “Alive”, la seconda traccia dell’ultimo album, potentissima, magistralmente interpretata e goduta in pieno da tutti, dato che l’intero locale è un delirio di teste che si agitano e roteano.
Tutto procede bene, i pezzi successivi seguono la tracklist ufficiale di “The Paramour Sessions”, quindi sentiamo “Crash”, “The world Around You” , la splendida “Forever”, che ha proprio lo stampo da pezzo live e “Time’s Running Out”. Per quanto riguarda l’argomento ultimo album, il gruppo ipoteca il tutto con “Reckless”, bellissima ballata che emoziona il pubblico, agitato nuovamente poi dall’annuncio di Shaddix di un ritorno alla “Old School” di “Infest”. La folla si dimostra subito felice di ciò e nel frattempo parte la base dell’omonima canzone, scandita dal godibile rapping di Coby, che fa un po’ a cazzotti con il suo attuale aspetto ma questo alla fine è solo un dettaglio, in fondo l’abito non fa il monaco. Si prosegue con le devastanti “Blood Brothers” e “Dead Cell” ed il live volta di nuovo pagina, prendendo la strada di “Lovehatetragedy”, che personalmente ritengo il più potente ed apprezzabile dei lavori della band.
Il primo pezzo eseguito è “She Loves Me Not”, cantato tutto dal pubblico come un inno, anche se anche per il resto delle canzoni, il trattamento è stato analogo. Poi “Life Is A Bullet” ed in coda la preferita di Coby “Born With Nothing, Die With Everything”, tutto spettacolare, Jacoby ci fa agitare i pugni e non ci molla un attimo, dimostrando ancora una volta il suo talento ed il suo amore per il pubblico. Si cambia rotta con “Blood” ed a ruota la splendida “Scars” , ballad sempre emozionate e da riascoltare all’ infinito. I Papa Roach tornano agli esordi, riproponendo “Broken Home”, la voce di Shaddix arranca sovrastata dal canto di noi adepti, che dimostriamo ancora una volta di impazzire per la musica di questi quattro ragazzacci, che pare quasi abbiamo studiato a tavolino l’effetto che la scaletta dei pezzi sta generando. “Time and Time Again” la godiamo solo parzialmente, dato che in corpo è ancora viva l’adrenalina sprigionata dal pezzo precedente e una volta terminata la canzone, i ragazzi non ci fanno neppure realizzare che sta per iniziare “Last Resort”, vicino al sottoscritto succede di tutto, il vero inno della band infiamma il pubblico e sul ritornello è il delirio più totale, le gambe che prima sentivano un po’ di stanchezza, tornano ad avere le forze possedute tre ore prima e nulla conta più, se non saltare e gridare all’urlo “Make Some Noise!” .
Una volta suonata l’ultima nota, archiviata dall’ultimo urlo, i ragazzi ci salutano, facendo la solita finta prevedibile e scontata, che preannuncia l’ultimo pezzo in assoluto, eseguito solo dopo qualche minuto di buio ed una buona quantità di urla richiamanti i quattro al nostro cospetto. “Between Angels And Insects” è la bandiera a scacchi, non si può chiedere di meglio da un live come questo. Eseguita splendidamente, questa canzone rappresenta il marchio di fabbrica dei Papa Roach, la loro vera identità, nonostante le “mutazioni” che li hanno portati ad oggi. Tutti fanno del loro meglio, sapendo che queste sono le ultime note e che forse si dovrà ancora aspettare parecchio prima di tornare ad avere le orecchie “fuori uso” per mano di questa band. Finisce tutto, volano plettri “omaggio” dalle mani di Horton e le bacchette sbucciate di Buckner finiscono tra le dita di due giovincelli audaci. Coby saluta, ringrazia ed abbraccia i suoi colleghi, dimostrando di essere un artista vero, che prova emozioni genuine ed ama chi lo affianca sopra e sotto il palco.
Un bellissimo concerto, unica pecca può essere stata la durata breve ma d’altronde, qui non siamo in California ed il rock qui da noi è vissuto molto più in piccolo. Tu vuò fa l’ Americano… ma sei nato in Italy… Comunque l’attesa di anni ne è valsa la pena. Bravi ragazzi, continuate così.
W la Cucaracha!
Carico i commenti... con calma